L’amnesia di Rick Perry
Ieri sera il governatore del Texas si è forse giocato definitivamente la candidatura, con uno svarione destinato a passare alla storia dei dibattiti televisivi
Ieri sera a Detroit, in Michigan, i candidati alle primarie repubblicane si sono sfidati per la nona volta sul palco di un confronto televisivo. I personaggi particolarmente attesi erano tre. Mitt Romney perché è il favorito, l’unico che ha qualche speranza di battere Obama a novembre, eppure nei sondaggi non decolla (alcuni cominciano a dire che sia un bene, vista l’aria che tira nel partito repubblicano americano). Herman Cain è stato al centro di una incredibile ascesa ma da nove giorni si trova al centro di un complicato scandalo, con quattro donne che lo hanno accusato di molestie sessuali. Rick Perry perché ci si attende sempre che raddrizzi la sua candidatura, partita fortissimo e impantanata da settimane.
Le ragioni delle sue difficoltà sono parecchie, una ha proprio a che fare coi dibattiti: Perry è spesso incerto, confuso, a volte si inceppa e dà l’idea di aver perso il filo. Il problema riguarda gli interventi pubblici in generale: qualche giorno fa durante un discorso Perry era particolarmente allegro e su di giri, tanto da dover essere costretto qualche giorno dopo a smentire di essere stato ubriaco. La vera frittata, comunque, è arrivata ieri sera.
Si discuteva di crisi economica e di ruolo del governo. Perry prende la parola, descrive le sue idee e a un certo punto afferma, rivolgendosi a Ron Paul: «Te lo dico, ci sono tre ministeri che al mio arrivo alla Casa Bianca non esisteranno più: Commercio, Istruzione e… qual era il terzo? Vediamo… uhm… uhm…». Nel frattempo la sala scoppia a ridere. Paul cerca di aiutarlo – «Facciamo cinque?» – ma Perry si barcamena ancora – «Ok, Commercio, Istruzione e…». Il moderatore gli suggerisce l’EPA, l’ente per la protezione dell’ambiente, e Perry: «EPA, eccola. No, no. Parlavo di ministeri». I moderatori trasecolano: «Dice sul serio?». Alla fine Perry si arrende: «Commercio e, vediamo un po’… No, la terza non mi viene. Mi dispiace. Ops». Soltanto parecchi minuti dopo, intervenendo su tutt’altro, Perry ha detto: «Ah, quello che non mi veniva prima era il ministero dell’Energia».
Qualche ora dopo il dibattito, lo staff di Perry ha inviato un’email ai suoi sostenitori, con questo testo:
Siamo tutti esseri umani, tutti facciamo degli errori. Obama sta ancora cercando di trovare tutti i 57 Stati. Reagan si è perso da qualche parte sulla Pacific Highway rispondendo a una domanda durante un dibattito. Ford ha mangiato un tamale con la buccia. E stasera Perry ha dimenticato il nome del terzo ministero che vuole cancellare. Proprio a dimostrazione del fatto che ce ne sono troppi.
Perry però è ben consapevole del guaio che ha combinato, visto che dopo la fine del confronto ha detto alla stampa di essere «inciampato» e che il tutto era stato «ovviamente imbarazzante».
Lo svarione di Perry ha oscurato ogni altro momento del dibattito. L’unico altro momento in qualche modo rilevante, per la cronaca, è stato quando Cain ha risposto delle accuse di molestie sessuali nei suoi confronti. Non tanto per la sua risposta, orgogliosa e difensiva, quanto per i grandi applausi ricevuti dal pubblico: Cain ha perso qualche punto nei sondaggi ma in questi giorni negli Stati Uniti si discute di quanto un’accusa come quella di “molestie sessuali” faccia poca presa sull’elettorato repubblicano: per molti, ha scritto Slate, le “molestie sessuali” non esistono e basta.
foto: Scott Olson/Getty Images