La mia vita con Berlusconi
Gli aneddoti da cronista di Massimo Gramellini, dal discorso improvvisato col Papa al conflitto di interessi discusso su una spiaggia esotica
A un certo punto forse ognuno di noi potrà scrivere un pezzo del genere mettendoci i suoi, di aneddoti sugli intrecci tra Silvio Berlusconi e la propria vita. Quello di Massimo Gramellini, oggi sulla Stampa, è particolarmente leggero, istruttivo e divertente.
Forse solo adesso che sta, oh molto lentamente!, evaporando nell’album dei ricordi, comincio a rendermi conto con un certo spavento che ho trascorso metà della mia vita a occuparmi di B. Anche molti di voi, lo so. Per quanto un po’ meno di me, che come cronista l’ho avuto accanto fin dal primo giorno di lavoro. Quando il mio vicino di scrivania al «Giorno» mi mostrò una fotografia del neo-presidente del Milan fra Baresi e Maldini. «Tempo sei mesi e al loro posto ci saranno due carabinieri!» mi vaticinò, quel comunista. La prima di tante previsioni sbagliate.
Sei mesi dopo al posto dei carabinieri c’ero io, ma B non era nelle condizioni di spirito per farci caso. Eravamo in un salone dei palazzi vaticani per l’udienza del Milan col Santo Padre. Un vescovo si avvicinò a B: «Come d’accordo, Sua Santità parlerà dopo di lei…» B, che non ne sapeva nulla, sorrise al porporato, poi si girò verso i suoi e lì investì con una strigliata memorabile. Gli restavano dieci minuti per improvvisare un discorso, Lo seguii di nascosto, lungo i velluti di un corridoio laterale: mi incuriosiva vederlo all’opera in una situazione di emergenza. Lo osservai camminare avanti e indietro. Contorceva la bocca e componeva arabeschi con le mani. Si stava caricando.
Alla fine della passeggiata indossò il suo miglior sorriso celentanoide e affrontò Wojtyla con poche, leggendarie parole. «Santità, in fondo Lei assomiglia al mio Milan». Qualche cardinale sussultò. «Perché anche Lei, come noi, è spesso in trasferta, a portare in giro per il mondo un’idea vincente, che è l’idea di Dio». Fu un trionfo. B si era trascinato al seguito un esercito di milanisti, giornalisti e inserzionisti – il Gruppo, come lo chiamava lui – e li presentò al Papa uno alla volta, alla sua maniera: «Questo è Ruud Gullit, Santità. Già 12 gol quest’anno, di cui tre in Coppa dei Campioni». Wojtyla abbozzò un sorriso di cortesia. «E questo è Gigi Vesigna, direttore di Sorrisi e Canzoni: un milione di copie, molte più di Panorama!». Il Papa si illuminò: «Panorama! Io leggo sempre Panorama!». B ci rimase così male che forse in quel momento decise di comprare la Mondadori.
Avevo ventisei anni e mi faceva già così ridere e così paura. Era il cumenda moderno, circondato dal servilismo dei collaboratori. Arrivava all’allenamento del Milan in elicottero, si toglieva l’impermeabile e lo lanciava dietro le spalle, dove c’era sempre qualcuno che lo pigliava al volo. Scrissi che il raccattacappotti era il nuovo portiere del Milan e si arrabbiarono tutti, specie il portiere del Milan. L’allenatore Sacchi, adulatore furbissimo, iniziava le conferenze del sabato con una formula magica: «Permettetemi anzitutto di ringraziare il Dottore, che è una persona meravigliosa. Senza di lui, noi non saremmo qui». Alla decima volta un collega alzò la mano: «Senta, Sacchi, premesso che il Dottore è una persona meravigliosa, ci dice la formazione?».
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foto: LaPresse