Israele vuole attaccare l’Iran?
Che cosa c'è di concreto, chiacchiere a parte: si attende un rapporto dell'Agenzia Atomica internazionale che potrebbe far evolvere la situazione
A leggere i giornali degli ultimi giorni e le dichiarazioni di vari importanti leader politici, la guerra tra Iran e Israele sembrerebbe sempre più vicina. Tutto è cominciato lo scorso 2 novembre, quando un articolo del Guardian, citando fonti militari, scriveva che il governo britannico è pronto a sostenere un attacco statunitense all’Iran (che sarebbe comunque supportato dagli Stati arabi del Golfo, come hanno già evidenziato alcuni cablogrammi di Wikileaks). I quotidiani israeliani hanno ripreso la notizia e hanno confermato che il governo di Benjamin Netanyahu ha i piani di attacco all’Iran sempre aggiornati nel cassetto della scrivania del ministro della Difesa, per arginare la minaccia nucleare. Ha’aretz è andato oltre, sottolineando come l’attacco all’Iran non abbia ancora il supporto della maggioranza dei ministri del governo israeliano, che sembra spaccato in due ali, una più attendista, l’altra più interventista, guidate rispettivamente dal vicepremier Moshe Yaalon e il ministro della Difesa Ehud Barak.
Proprio oggi Barak, in un’intervista alla BBC, ha confermato questa ricostruzione: «Per fronteggiare la crisi iraniana, al vaglio ci sono numerose ipotesi, ma nessuna è esclusa». La divisione tra linea attendista e interventista si riflette anche negli altri paesi che teoricamente sosterrebbero un attacco all’Iran, vedi la Francia. Se il presidente francese Sarkozy ha fatto capire venerdì che l’opzione militare non è da escludere, oggi il ministro degli esteri Alain Juppé ha annunciato che un attacco all’Iran «sarebbe destabilizzante» e che la Francia punta sulle sanzioni internazionali. Solo due giorni fa il presidente israeliano Shimon Peres è stato invece decisamente più esplicito – «Un attacco all’Iran è sempre più probabile. Il tempo stringe» – e ha provocato la dura reazione da parte di politici e autorità religiose iraniane.
Le minacce di ritorsione di Israele nei confronti del programma nucleare dell’Iran si susseguono oramai da anni con una certa regolarità. Stavolta, tuttavia, c’è un elemento in più. La settimana prossima, martedì o mercoledì, l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) pubblicherà un rapporto sullo stato del programma nucleare iraniano. Il testo ufficiale non è stato ancora reso noto, ma da ore si susseguono le indiscrezioni. Quelle più credibili dicono che il rapporto dell’AIEA sosterrà che l’Iran starebbe sviluppando un programma nucleare per scopi bellici, e non pacifici, come ha sempre dichiarato. A sostenere le prove dell’AIEA ci sarebbero anche alcune fotografie satellitari.
Cartina: BBC
L’Iran ha già smentito ufficialmente una simile ricostruzione, ma permangono i dubbi sulla buonafede del presidente Ahmadinejad e della Guida suprema Ali Khamenei. A destare i maggiori sospetti è la base militare di Parchin, a circa 30 chilometri da Teheran, che secondo l’accusa verrebbe utilizzata per effettuare test nucleari. L’AIEA ha chiesto più volte di visitare il sito, come ha fatto in questi anni per gran parte degli altri siti nucleari, ma l’Iran ha sempre negato l’accesso perché si tratta di una base militare. Preoccupano anche i siti di Natanz e Qom, seppur controllati a vista dall’AIEA. Soprattutto riguardo al secondo, l’Iran ha sempre tenuto il massimo riserbo sulle centrifughe che starebbe costruendo sottoterra per evitare danni derivanti a un attacco aereo. Il famigerato sito nucleare di Bushehr, invece, già attivo grazie al sostegno della Russia, non sembra preoccupare al momento più di tanto, soprattutto dopo l’attacco informatico del virus Stuxnet apparentemente lanciato da Stati Uniti e Israele.
Se il rapporto AIEA dovesse confermare le indiscrezioni, l’Iran andrà incontro a dure conseguenze, che probabilmente avranno la forma di ulteriori sanzioni, almeno nelle fasi iniziali, dopo le risoluzioni ONU 1737, 1747, 1803 e 1929 già inflitte, anche se convincere Cina e Russia in sede di consiglio di sicurezza non sarà certo facile. Nonostante i proclami bellici, un attacco imminente all’Iran, a meno di clamorose evoluzioni, appare oggi decisamente improbabile, sia per l’opposizione di Cina e Russia, sia perché l’AIEA difficilmente condannerà in toto il programma nucleare iraniano. Inoltre, un attacco all’Iran non consisterebbe solo nel bombardare i siti sospetti ma anche eliminare parte della contraerea iraniana, il che aprirebbe un vero e proprio scenario di guerra. Infine, secondo alcuni analisti, Israele starebbe aspettando dagli Stati Uniti una flotta di caccia di ultima generazione F-35 per sferrare attacchi così delicati (costo cadauno 80-85 milioni di dollari). C’è un però. Come sottolinea Ha’aretz, alla fine dell’anno, in concomitanza con il ritiro delle truppe americane, non ci sarà più la no-fly zone sull’Iraq. E questo potrebbe aumentare le probabilità di un attacco da parte di Israele.