La lettera di Renzi al Corriere della Sera
La crisi è anche un'opportunità, scrive, ma " anziché invocare un governo tecnico anche l’opposizione deve dire che cosa ha in testa"
Matteo Renzi ha inviato oggi una lettera al Corriere della Sera in cui critica l’ostinazione del governo a rimanere in carica e dice che la crisi è una grande opportunità per cambiare, ma aggiunge anche che il centrosinistra deve dire chiaramente “che cosa ha in testa” per migliorare la situazione del paese (da parte sua, Renzi elenca diverse proposte): “uno schieramento di centrosinistra non può essere progressista nel nome e conservatore nelle scelte”.
Caro direttore,
in tutta Europa i governi corresponsabili della crisi hanno pagato il costo dei propri errori. In Irlanda il governo del Fianna Fail come in Portogallo l’esecutivo socialista di Socrates sono stati costretti a elezioni anticipate. In Spagna, Zapatero si è dimesso, fissando le elezioni e annunciando di non ricandidarsi. Ovunque insomma la politica fa i conti con la crisi. In Italia, no. Il governo resiste a oltranza, asserragliato nelle proprie paure. E come se non bastasse il primo ministro non è nelle condizioni di consenso popolare né di autorevolezza personale per realizzare finalmente gli obiettivi che da vent’anni annuncia nelle sue campagne elettorali.
La crisi è ovviamente un problema. Ma per come siamo abituati in Italia, la crisi costituisce la più grande chance che abbiamo di fare pulito, rimettere a posto regole e conti, tornando a crescere. L’insipienza del governo e il conservatorismo di un centrodestra liberale solo a parole ci stanno facendo sciupare la più grande opportunità, quella di sfruttare la crisi. Non ce lo meritiamo. Avessimo preso il toro per le corna a luglio, realizzando le riforme davvero necessarie, ci saremmo potuti salvare da soli. Oggi non più. Oggi abbiamo bisogno dell’Europa e dell’aiuto della comunità internazionale. Ma per ottenerlo dobbiamo dimostrare di essere credibili, dobbiamo meritarlo. Non siamo più nelle condizioni di salvarci da soli, ma se la nostra classe dirigente s’impegna ancora un po’, possiamo affondare da soli. Non è un problema di formula, dal governo tecnico alla responsabilità nazionale: la vera sfida oggi è parlare il linguaggio della verità.
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