La Grecia voterà sul salvataggio
Il primo ministro ha annunciato un referendum sul piano europeo, complicando ulteriormente la situazione
Il primo ministro della Grecia, George Papandreou, ha annunciato di voler organizzare un referendum il prossimo gennaio sul piano di aiuti concordato con le autorità europee per evitare che il suo paese vada in stato di insolvenza. E ha sorpreso i leader degli altri paesi dell’euro, che adesso temono la possibilità che gli sforzi fatti fino a ora per trovare un accordo possano essere vanificati dal voto dei greci, che la crisi economica ha reso riluttanti e diffidenti nei confronti delle scelte della politica.
Papandreou sembra essere intenzionato a usare il referendum per ottenere una nuova legittimazione e avere la forza per effettuare le prossime, difficili, riforme. La vittoria dei sì potrebbe calmare gli animi nel paese, riducendo le proteste e gli scioperi contro i tagli e le severe misure di austerità che da mesi interessano la Grecia. Se invece dovessero vincere i no, però, si potrebbero aprire scenari preoccupanti con conseguenze imprevedibili sia per il paese sia per l’intera area dell’euro, che sta facendo di tutto per evitare che la Grecia fallisca.
Secondo gli analisti politici, il no causerebbe la fine del sostegno popolare all’attuale governo, che sarebbe quindi costretto a dimettersi. Potrebbero venire meno anche gli aiuti da parte degli altri paesi europei, determinati a dare una mano solo a patto dell’applicazione dei tagli e delle misure di austerità per rimettere in sesto i conti.
Il Wall Street Journal segnala inoltre che secondo alcuni funzionari del governo greco, una sconfitta al referendum potrebbe rendere più probabile l’uscita della Grecia dall’area dell’euro. Gli altri paesi dell’Unione temono che il fallimento greco possa innescare un effetto domino, che coinvolgerebbe altre economie in difficoltà, come quella italiana sulla quale gli investitori sono sempre più scettici.
L’annuncio di Papandreou è arrivato a meno di una settimana dalla conclusione del vertice dei leader europei a Bruxelles, dove era stato trovato un accordo per ridurre il debito della Grecia, rassicurare gli investitori e allontanare il pericolo del default. Il paese in cambio si impegnava a mantenere e se necessario adottare nuove misure di austerità per rimettere in sesto i propri conti.
Papandreou, che guida il governo con il partito socialista Pasok dal 2009, aveva ipotizzato di ricorrere al referendum già alcuni mesi fa. L’idea era stata poi ritirata dallo stesso primo ministro, nel timore che una simile iniziativa potesse destabilizzare l’area euro e procurare altri guai alla fragile economia della Grecia. Nel discorso di ieri in cui annunciava nuovamente l’idea del referendum, Papandreou ha spiegato che per applicare le nuove misure richieste dall’accordo di Bruxelles è necessario un mandato forte da parte della popolazione, aggiungendo che «Se i cittadini della Grecia non vorranno che le nuove norme siano applicate, molto semplicemente non le applicheremo».
Considerato il grande scontento nel paese per le ultime misure di austerità, è probabile che il referendum possa avere esito negativo. Se così fosse, le autorità europee – a partire da Germania e Francia – si troverebbero davanti a una scelta molto difficile: lasciar fallire la Grecia rischiando guai più seri per l’euro e il panico sui mercati e nel settore bancario, oppure proporre un nuovo accordo alla Grecia chiedendo al paese meno sacrifici rispetto a quanto chiesto fino a ora.
Papandreou probabilmente confida in questa seconda soluzione, ma i leader europei farebbero molta fatica a spiegare questa scelta ai propri cittadini. Patti più morbidi per la Grecia farebbero probabilmente infuriare i tedeschi e gli abitanti degli altri paesi che hanno dovuto spendere centinaia di miliardi di euro per tenere a galla Atene. Altri paesi in difficoltà come Portogallo e Irlanda potrebbero inoltre chiedere un trattamento di favore simile a quello della Grecia, complicando ulteriormente la gestione della crisi nell’Unione.