Le nuove leggi contro la yakuza
Sono state approvate in Giappone per stroncare la criminalità organizzata e sono spiegate con un fumetto
Dall’inizio di ottobre è entrata in vigore in tutto il Giappone una serie di nuove leggi contro la criminalità organizzata giapponese, la yakuza. Le nuove leggi sono parte di un’offensiva delle autorità iniziata da qualche anno (le prime leggi giapponesi indirizzate specificamente contro la yakuza risalgono al 1991) e diventata particolarmente intensa negli ultimi mesi. I particolari delle leggi sono leggermente diversi tra una prefettura e l’altra: in tutto il Giappone, però, l’impostazione di fondo è quella di criminalizzare chiunque abbia contatti con membri della criminalità organizzata e chiunque consegni loro del denaro, anche se a causa di estorsioni o minacce.
Le nuove leggi stabiliscono che chi viene ricattato e paga la yakuza non è più vittima ma complice di un crimine. Come spiega Jake Adelstein, un giornalista statunitense esperto che si occupa da tempo del crimine organizzato nel paese, le estorsioni sono enormi fonti di profitto per i criminali, e il 45% di quelli che vengono arrestati simili crimini appartengono a gruppi organizzati.
Le nuove leggi contengono anche disincentivi per le aziende, sia giapponesi che straniere, a collaborare con il crimine organizzato. Tutte le aziende che vogliono operare a Tokyo, ad esempio, devono inserire nei loro contratti clausole che prevedano l’annullamento degli accordi in caso di legami con la yakuza. La polizia di Tokyo ha istituito un gruppo di oltre 100 persone per aiutare la messa in opera dei nuovi regolamenti, ed è stato pubblicato un fumetto che spiega il loro funzionamento.
Che cos’è la yakuza
La yakuza o gokudō, chiamata bōryokudan (“gruppo violento”) nei documenti ufficiali, è il nome collettivo con cui viene chiamata la mafia giapponese. Le autorità riconoscono l’esistenza di 22 organizzazioni differenti, ciascuna delle quali ha un proprio simbolo. Nel complesso, il rapporto ufficiale rilasciato dalla polizia giapponese a luglio 2011 stima gli affiliati (“regolari” o meno) dei gruppi criminali in circa 90.000 persone.
La yakuza ha una struttura rigidamente gerarchica e, come la mafia italiana, una serie di rituali di iniziazione e di appartenenza, oltre ad una sorta di “codice d’onore”. Le attività economiche in cui era coinvolta erano principalmente l’estorsione e il ricatto, mentre rapine e spaccio di droga erano esplicitamente proibiti, così come tutti gli altri tipici crimini di strada. Negli ultimi anni, diversi ex membri hanno dichiarato che i codici d’onore del passato non sono più rispettati e le organizzazioni sono diventate più violente e coinvolte anche nelle attività proibite, cambiamenti che hanno probabilmente spinto le autorità a un’azione più dura nei confronti della yakuza.
Gli scandali recenti
Lo scorso luglio, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha dichiarato che la yakuza è una minaccia per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti e di tutto il mondo, e ha emanato un ordine esecutivo per autorizzare il sequestro dei beni riconducibili a suoi membri negli Stati Uniti.
Intanto, in Giappone, ci sono stati diversi scandali che hanno spinto le autorità a un intervento deciso contro la criminalità organizzata: poco più di un anno fa la lega sportiva dei lottatori di sumo espulse diversi suoi membri dopo aver accertato i loro contatti con gruppi criminali in giri di scommesse ed estorsioni. Lo scandalo più recente, che ha avuto moltissimo risalto in Giappone, è stato quello che ha coinvolto Shinsuke Shimada, un popolarissimo presentatore televisivo, licenziato dall’agenzia che lo rappresentava dopo che erano emersi i suoi contatti personali e d’affari con la Yamaguchi-gumi, il maggior gruppo criminale giapponese. Prima del suo ritiro forzato dal mondo dello spettacolo, Shimada era il presentatore di sei diversi programmi televisivi, registrati a Tokyo e a Osaka.
La notizia è stata sulle prime pagine di tutti i giornali giapponesi per giorni, e a metà settembre la polizia di Tokyo ha destinato cinquanta persone alle indagini sui rapporti tra la mafia giapponese e il mondo dello spettacolo: secondo quanto racconta Jack Adelstein in una lunga inchiesta apparsa sul Daily Beast, questi sono molto forti e sfiorano personalità conosciute in tutto il mondo come il regista Takeshi Kitano.