Gli scontri in Tunisia
La cancellazione di una lista da alcuni collegi ha provocato proteste e tensioni a Sidi Bouzid, la città da cui erano cominciate le rivolte contro Ben Ali
L’annuncio dei risultati definitivi delle elezioni in Tunisia è stato seguito da alcuni scontri nella città di Sidi Bouzid, da cui lo scorso dicembre erano iniziate le proteste che innescarono la rivoluzione contro Ben Ali. Le proteste sono iniziate in seguito alla decisione dell’Instance Supériore Indépendante pour les Elections (ISIE) di eliminare la lista Al Aridha – Petition Populaire in sei circoscrizioni elettorali, facendola quindi passare da 25 a 19 seggi. Michele Camerota, osservatore elettorale in Tunisia, ha spiegato nel dettaglio nel suo blog sul Post il motivo di questa scelta.
La decisione è stata presentata in ottemperanza del decreto legge (artt. 15-52-53-70) che disciplina le modalità e i limiti di finanziamento privato e estero ai partiti nonché l’interdizione di concorrere a cariche pubbliche nei confronti di ex quadri del RCD, il partito di Ben Ali dissolto e dichiarato fuori legge (come nel caso del capolista di Al Aridha nella circoscrizione Francia 2). Nel Palazzo dei Congressi di Tunisi, la notizia è stata salutata da un’esplosione di gioia da parte della platea presente, che si è alzata in piedi per applaudire e intonare l’inno nazionale. Simultaneamente, invece, sono scoppiati disordini nel centro-ovest del paese, in particolare nella regione di Sidi Bouzid, luogo d’origine di El Hamdi. Proprio qui, dove ha avuto inizio la rivoluzione tunisina, Pétition Populaire aveva ottenuto 3 seggi, risultando il primo partito davanti ad Ennhada, unico caso in tutta la Tunisia. I manifestanti hanno cominciato ad incendiare pneumatici e issato barricate nel centro cittadino; in molti si sono raggruppati per protestare innanzi alla sede di Ennhada e della municipalità locale.
Ci sono stati disordini anche a Sfax e Kasserine, mentre come segno di protesta El Hamdi ha dichiarato l’intenzione di ritirare in toto i propri rappresentanti eletti nell’Assemblea Costituente. I risultati hanno confermato la netta vittoria del partito islamico moderato Ennhada, che ha ottenuto il 40 percento dei seggi: 90 su 217. Altri 30 seggi sono andati al Conseil pour la République (CPR) di Moncef Marzouki, 21 al FDTL- Ettakatol di Mustapha Ben Jafaar, 19 ad Al Aridha – Pétition Popularie di Hachem El Hamdi, 17 al Parti Démocratique Progressiste (PDP) di Naijb Chebbi, appena 5 al Pole Démocratique Moderniste (PDM). I rimanenti 35 seggi sono stati distribuiti tra la miriade di altre liste concorrenti, in virtù di una legge elettorale che favoriva le formazioni minori a discapito delle forze politiche maggiormente organizzate e popolari, a partire proprio da Ennhada.
Ennhada a questo punto dovrà formare una coalizione di maggioranza per governare in attesa delle prossime elezioni parlamentari. Il leader del partito Ghannouchi ha assicurato che il nuovo governo rispetterà i diritti di tutti i tunisini: «Continueremo la rivoluzione per realizzare il sogno di una Tunisia libera, indipendente e prospera e in cui nel rispetto di Dio, donne e uomini, religiosi e non religiosi sapranno che la Tunisia è di tutti». Il nuovo primo ministro sarà molto probabilmente il numero due del partito, Hamdai Jebali, ingegnere ed ex giornalista.