Il Post e Makkox
La prefazione del direttore al librone "Post Coitum", che intanto è arrivato in tutte le librerie della penisola
di Luca Sofri
Nella redazione del Post, appoggiato a terra e contro il muro, in un angolo, c’è un originale di Al Capp in una cornice nera. Al Capp è il leggendario creatore americano del personaggio di Lil’ Abner e dei suoi fumetti, amato anche in Italia dai fans del vecchio Linus di Oreste del Buono. Un po’ di anni fa, quando ebbi un breve ma intenso periodo di dipendenza da eBay e di improvvisa accessibilità a feticci e madeleines delle mie passioni infantili, mi comprai pure questa china di Al Capp, e ne fui molto fiero. La misi dentro una sobria cornice di Ikea lunga un metro e la appesi nel mio studio, a Milano. Poi quello studio divenne la prima redazione del Post.
Un giorno Makkox è venuto finalmente a trovarci al Post. Non ci eravamo mai visti, malgrado pubblicassimo i suoi formidabili disegni ormai da alcuni mesi. Io lo avevo conosciuto di fama grazie al precoce e cospicuo culto che aveva guadagnato in rete, disegnando su un suo blog e su quello accogliente di Gianluca Neri, Macchianera. Quando finalmente ebbe pronte le prime copie del giornale Canemucco che si era inventato e prodotto, il Post stava nascendo e al nostro primo giorno online pubblicammo una squinternata intervista a fumetti che presentava il Canemucco, nata da un rapido scambio per mail del giorno prima, quello della nostra vigilia: nel quale a un certo punto Makkox aveva aggiunto in coda a un messaggio per il nostro Pier Mauro Tamburini queste parole.
“ah, e mi piacerebbe collaborare col Post.
tienilo ammente, magari torna buono”
Lasciai passare – a quanto mi ricorda oggi il database delle mail – cinque minuti esatti tra leggere la mail che Pier mi girò e rispondere a Makkox che non vedevo l’ora, ma proponendogli di inventarci qualcosa di nuovo rispetto alle cose che aveva fatto fino ad allora. E così ci accordammo, o almeno questo mi sembrò quando conclusi l’ultima mail con un “parliamone” e lui mi rispose che sarebbe venuto a Milano tre settimane dopo. Ma non lo sentii più per tutta l’estate.
Quando gli scrissi di nuovo era il 15 settembre e lui sostenne che “pensavo che in quel parliamone ci fosse ammatrioskato un non è cosa marcù”. Non ho ancora capito se quando fa così finge di non aver capito o non ha capito davvero, ma so che lo fa spesso. Quando di recente gli ho detto che il titolo di questa raccolta “Post coitum” non mi sembrava elegante, mi ha risposto che gli dispiaceva di essersi permesso e che se non volevo che usasse il nome del Post potevo dirlo prima.
Comunque, passarono tre giorni e Makkox ci mandò una prima striscia verticale sulla visita del Papa a Londra, e il giorno dopo una su Veltroni. E nacque il suo blog e anche la sua prima articolata attività di satirapolitica, come si direbbe a usare delle formule noiose. Diciamo che cominciò a disegnare delle cose che raccontavano l’attualità giornalistica, trovando subito un modo perfetto di stare dentro al Post (sarebbe stato perfetto qualunque, anche se devo ammettere che all’inizio mi permisi stupidamente di dubitare della congruità col contenitore delle sue cose più de sesso).
Insomma, poi infine Makkox venne a trovarci a Milano, dopo averlo annunciato diverse volte, e c’era una certa eccitazione in redazione. E la china di Al Capp stava ancora appesa al muro, non appoggiata per terra. Arrivò e ci piacemmo parecchio per quel che non ci piacevamo già: e dopo averci disegnato di tutto e raccontato molte cose, lui esagerò ripetute dimostrazioni di devozione per la china di Al Capp, forse perché aveva capito che avrebbe lusingato la mia vecchia passione di fumettaro o forse perché ne era ammirato davvero. Nel dubbio, la staccai e gli dissi di prendersela. Ci fu una cerimoniosa e imbarazzante sequela di complimenti e ritrosie, e alla fine la ebbe vinta l’argomento che andare in giro per Milano e poi tornarsene a Gaeta l’indomani con una cornice da un metro sottobraccio sarebbe stato un po’ scomodo.
Così ci promise che avrebbe mandato un corriere a prenderla, con tono molto professionale (noi non avevamo ancora mai mandato un corriere da nessuna parte, manco sapevamo come si facesse), e la appoggiammo a terra, in un angolo.
Sta ancora lì. Lui si vergogna anche solo a parlarne, che non sembri che sta chiedendo qualcosa, noi siamo cialtroni e non gliela abbiamo spedita. Però ogni giorno la guardiamo, ci giriamo intorno, e ci ricordiamo del debito di riconoscenza nei confronti di tutte le cose meravigliose che Makkox ha fatto sul Post in un anno e che per quanto lui vada dicendo della meravigliosa opportunità e delle cose nuove che, e dello stimolo, e per quanto sia diventato in rete una specie di leggenda e i suoi fedeli si siano moltiplicati (non ne sbaglia una, mai: Makkox ha una cosa quasi sempre introvabile, la misura, il fermarsi un attimo prima di poter sbagliare), e insomma per quanto qualunque cosa, quello che è diventato il suo racconto delle cose è diventato un fantastico regalo quotidiano per tutti.
A me comunque più di tutte piace quella di Capezzone.
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p.s. dopo aver letto questo testo, Makkox rispose:
la cosa della striscia di al capp. l’hai fatta diventare leggenda ormai. e poi io sono superstizioso: ora so che come la prendo da lì e me la porto, il giorno stesso MUOIO. perché quella è l’ultima cosa che devo fare nella vita. capì?