E se Gheddafi avesse avuto la bomba?
La fine cruenta del dittatore libico potrebbe convincere Kim Jong-Il che la minaccia nucleare è l'unica garanzia per la sua sicurezza, scrive l'Atlantic
Oggi la salma di Muammar Gheddafi è stata sepolta all’alba in una località sconosciuta, mettendo così definitivamente fine alla sua storia in Libia (che era proseguita in qualche modo anche dopo la sua morte, con la macabra processione dei ribelli attorno al suo cadavere). Della sua eredità si discuterà sicuramente a lungo, di fatto lo si sta già facendo. Ma c’è un aspetto finora poco discusso, collegato alla caduta del suo regime e alla sua morte, che ha a che fare con le altre dittature del mondo.
La Libia di Muammar Gheddafi aveva perseguito a lungo un programma di arricchimento dell’uranio allo scopo di creare armi nucleari. Gheddafi vi rinunciò soltanto nel 2003, dopo l’inizio della guerra in Iraq, a causa delle pressioni della comunità internazionale e nel timore che gli Stati Uniti potessero considerare la sua Libia uno “stato canaglia” al pari dell’Iran e della Corea del Nord. Alla luce di tutto questo, un articolo dell’Atlantic sostiene che la caduta di Gheddafi – per quanto indubbiamente un fatto positivo – potrebbe rendere ancora meno probabile una rinuncia della Corea del Nord (o dell’Iran) al suo programma nucleare. Le immagini della morte cruenta del dittatore libico, spiega il sito del mensile americano, avranno definitivamente convinto Kim Jong Il che per non rischiare quella stessa fine è fondamentale mantenere la presa sulle armi atomiche.
La Libia un tempo aveva tutto il materiale che sarebbe servito per costruire una bomba atomica, ma decise di rinunciare al suo programma nel 2003 in seguito alle forti pressioni degli Stati Uniti e dei loro alleati. Il dittatore nordcoreano ha fatto una scelta molto diversa. Sapendo che il suo regime e quindi la sua sopravvivenza sono costantemente minacciati, Kim non è mai stato disponibile al disarmo. E gli ultimi due decenni gli hanno fornito solidi motivi per non farlo: l’esercito iracheno fu sconfitto nel 1991, la NATO sconfisse Milosevic nel 1999, gli Stati Uniti invasero l’Iraq nel 2003. Lo scorso marzo, quando la NATO iniziò le sue operazioni in Libia, un portavoce del governo nordcoreano annunciò: «È stato dimostrato a tutto il mondo che la rinuncia al nucleare da parte della Libia è stata usata come tattica d’invasione».
In questi giorni una delegazione diplomatica statunitense incontrerà alcuni funzionari del governo nordcoreano a Ginevra per cercare di riprendere il dialogo sul programma nucleare della Corea del Nord. Nel 2005 Pyongyang aveva accettato l’ipotesi di un graduale disarmo in cambio di aiuti economici americani, ma l’accordo finora non si è mai concretizzato. E la fine di Gheddafi potrebbe avere un ruolo nel convincere il regime a non cedere. Per quanto in Corea del Nord non pare ci siano le condizioni perché si verifichino ribellioni di massa, le cose possono sempre cambiare: e osservando gli eventi di questi giorni in Libia, Kim Jong-Il ha forse imparato che l’unica vera garanzia per la sua sicurezza è la deterrenza rappresentata da un arsenale nucleare.