Il voto per le presidenziali in Bulgaria
Domani ci sono le elezioni nel paese più povero dell'Unione Europea, tra corruzione, compravendita di voti e tensioni etniche
Domani in Bulgaria si vota per le elezioni presidenziali. La capitale Sofia e decine di altri centri del paese eleggeranno anche i loro nuovi sindaci. Dopo dieci anni, l’attuale capo dello Stato, il socialista Georgi Parvanov, ha rimesso il suo incarico, perché la Costituzione non permette più di due mandati consecutivi. In Bulgaria, il presidente della Repubblica non ha potere esecutivo, ma può opporre il veto alle leggi votate dal Parlamento. Tuttavia, la scelta del nuovo presidente è considerata un test molto importante per il fragile governo del partito di centrodestra Gerb, che ha candidato l’ex ministro dei Lavori Pubblici, il 47enne Rosen Plevneliev.
Secondo gli ultimi sondaggi, Plevneliev sarebbe in vantaggio con oltre il 40 per cento delle preferenze sull’ex ministro degli esteri Ivailo Kalfin, il candidato del partito socialista all’opposizione (BSP) che dovrebbe ottenere circa il 20 per cento dei voti. Segue l’ex commissario europeo Meglena Kuneva (indipendente) con il 13 per cento delle intenzioni di voto. Per ora sembra molto indietro il leader del partito ultranazionalista “Ataka” (Attacco Unione Nazionale) Volen Siderov, che nel 2006 arrivò al ballottaggio con Parvanov. Il nuovo presidente della Repubblica viene eletto direttamente al primo turno se ottiene il cinquanta per cento più uno dei voti, uno scenario decisamente improbabile per ognuno dei diciotto candidati. L’eventuale ballottaggio è previsto per il 30 ottobre prossimo.
La compravendita dei voti sembra il pericolo più grave per il regolare svolgimento delle elezioni in Bulgaria. Secondo uno studio dell’osservatorio Transparency International, circa il 20 per cento delle preferenze sarebbe già stato venduto al politico di turno. Generalmente, un singolo voto avrebbe un costo compreso tra i 20 e i 100 euro, a seconda della circoscrizione. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), anch’essa preoccupata per il mercato illegale delle preferenze, ha espresso “timori di brogli” durante lo spoglio dei voti che comincerà domani sera.
Oltre alla corruzione, la Bulgaria è ancora afflitta dalla piaga della mafia e dalle tensioni sociali che il nuovo governo di Gerb, in carica dal 2009 grazie agli scandali di tangenti che hanno travolto il partito socialista, non è riuscito a combattere adeguatamente. Non a caso, alcuni mesi fa il governo del premier Boyko Borisov non è riuscito ad approvare una legge speciale per congelare i beni appartenenti a presunti mafiosi, mentre l’Europa ha negato alla Bulgaria l’ingresso nell’area Schengen proprio a causa della corruzione rampante.
A ulteriore dimostrazione del clima di tensione nel paese, la settimana scorsa è stata fatta esplodere da ignoti l’auto del giornalista televisivo Sascho Dikov, generalmente molto critico nei confronti dell’esecutivo in carica. Nel frattempo, sono cresciute le spedizioni punitive nei confronti di rom e musulmani, come è recentemente successo a Katunitsa, dove un intero villaggio guidato da estremisti e ultrà calcistici ha quasi linciato un capo rom. Le tensioni etniche sono spesso fomentate dagli attivisti del partito ultranazionalista Ataka (Attacco Unione Nazionale), che alle elezioni politiche del 2009 ha ottenuto il 9,4 per cento dei voti e 21 seggi in parlamento, mentre alle europee dello stesso anno è arrivato al 12 per cento. I rom costituiscono circa il cinque per cento della popolazione bulgara, i musulmani il dieci.
Oltre a una prova per il governo in carica, le elezioni presidenziali e comunali in Bulgaria saranno anche un test di stabilità per il paese più povero dell’Unione Europea, di cui è membro dal 2007. La crisi globale del debito ha colpito duramente anche la Bulgaria e di riflesso le sue esportazioni: il governo ha già rivisto le stime di crescita del 2011, che scenderanno dal 3,6 al 2,8 per cento. Per il 2012 dovrebbero attestarsi al 2,9 per cento, una cifra decisamente inferiore al 5-6 per cento di qualche anno fa. Per ovviare alla crisi, il governo Borisov ha congelato per il terzo anno consecutivo le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici e dovrà presto approvare nuove misure di austerità, nonostante la media dei salari del paese sia ancora ferma a 340 euro al mese. Intanto, la disoccupazione è salita all’11,7 per cento e il 20 per cento delle famiglie si trova al di sotto della soglia di povertà.
Nella foto il manifesto di Plevneliev (NIKOLAY DOYCHINOV/AFP/Getty Images)