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  • Sabato 22 ottobre 2011

Le presidenziali in Argentina

Si vota domani e la favorita è l'attuale presidente, Cristina Fernandez, che ha costruito il proprio successo all'ombra del marito Nestor Kichner

di ELENA FAVILLI

Domenica 23 ottobre in Argentina si vota per le elezioni presidenziali. L’attuale presidente Cristina Fernandez è in testa a tutti i sondaggi con oltre il cinquanta percento dei voti e la sua vittoria è data per scontata. Un anno fa, quando suo marito Nestor Kirchner morì all’improvviso per un infarto, molti dicevano che non sarebbe più riuscita a governare. Era lui il vero presidente, diceva l’opposizione. Era lui che gestiva le alleanze che reggevano il governo. Era lui la mente del nuovo peronismo al potere. A un anno da quel giorno, invece, Cristina Fernandez de Kirchner sembra non essere mai stata così forte.

Cristina Fernandez fu eletta nell’ottobre del 2007, al termine del primo mandato del marito Nestor Kirchner. Prima donna a diventare presidente dell’Argentina, sembrava destinata a guidare il paese solo per il periodo necessario a far tornare Nestor Kirchner al potere. Ma la morte improvvisa dell’ex presidente cambiò improvvisamente le cose. Il kirchnerismo si era affermato proponendo sempre due presidenti al prezzo di uno – Los Kirchner, li chiamava spesso la stampa sudamericana – e ora Cristina Fernandez doveva trovare un nuovo capitale su cui puntare.

Chi la critica oggi dice che il capitale che ha scelto è stato paradossalmente ancora una volta il marito. Il dolore della sua vedovanza – Cristina Fernandez compare tuttora vestita sempre di nero in pubblico – le ha notevolmente allargato la simpatia della popolazione. La coerenza con la linea politica di Nestor Kirchner le ha assicurato la fiducia del Parito Justicialista. «Ho sempre saputo quello che dovevo fare», ha detto annunciando la sua intenzione di ricandidarsi lo scorso giugno. «L’ho saputo da quando l’anno scorso migliaia di persone accorse per salutare un’ultima volta Nestor Kirchner mi hanno gridato: “Forza Cristina”». Lo slogan della sua campagna elettorale è “Fuerza Argentina”.

Ma quello che più di ogni altra cosa ha spianato la strada a Cristina Fernandez è la quasi totale mancanza di un’opposizione capace di esprimere una vera alternativa politica. I suoi sfidanti principali sono il leader del Partito Socialista Hermes Binner, l’ex presidente Eduardo Duhalde, 70 anni, e il leader del Partito Radicale Ricardo Alfonsin, 60 anni, figlio di un altro ex presidente argentino. A cui si aggiungono altri tre candidati minori: Alberto Rodriguez Saa, Elisa Carrio e Jorge Altamira. Nessuno di questi dovrebbe essere in grado di prendere oltre il 12 percento dei voti. Secondo quanto previsto dal sistema elettorale argentino, a Cristina Kirchner basterà ottenere il 45 percento dei voti per vincere. Oppure il 40 percento con un margine di almeno il 10 percento sul candidato arrivato secondo. I sondaggi la danno intorno al 53 percento.

Cristina Fernandez nacque il il 19 febbraio 1953 alla Plata, capitale della provincia di Buenos Aires. Conobbe Nestor Kirchner all’università nel 1974 e lo sposò un anno dopo. Quando i militari presero il potere nel 1976, si trasferirono a Rio Gallego, nella provincia meridionale di Santa Cruz, dove Nestor Kirchner era nato. E mentre l’Argentina entrava in uno dei periodi più violenti della sua storia, i Kirchner iniziarono ad arricchirsi. Una società finanziaria aveva assunto Nestor per riscuotere i crediti non pagati. Nello stesso tempo la Banca centrale aveva deciso di legare le rate dei mutui all’inflazione, che alcuni mesi dopo raggiunse il cento per cento, impedendo a molti risparmiatori di pagare i loro debiti. Kirchner, responsabile della riscossione di quei debiti, si offriva di comprare le proprietà a prezzi stracciati prima che le banche le sequestrassero. Fu in questo modo che costruì il suo impero economico. Poco dopo arrivò la politica.

Nestor Kirchner fu governatore della provincia di Santa Cruz per tre mandati consecutivi. Quando nel 2003 divenne presidente dell’Argentina assunse il governo di un paese dove il 54 percento delle persone era povero e il 24 percento non aveva un lavoro. «La richiesta di rinnovamento politico si sposava perfettamente con il fatto che Kirchner era il governatore sconosciuto di una provincia lontana», ha scritto Juan Morris su Gatopardo. «E lo smantellamento dello stato e il bisogno di consolidare l’autorità presidenziale si adattavano al suo distacco dalle istituzioni e al suo personalismo. Kirchner somigliava all’Argentina». Su queste premesse avviò un progetto di riforma istituzionale che portò in poco tempo a risultati insperati: ridusse del 75 percento gli interessi sul debito estero, ristabilì i contratti collettivi di lavoro, rinnovò la corte dei giudici e sfruttò gli alti prezzi della soia per rimpinguare le casse dello stato. Nel 2007, alla fine del suo mandato, Kirchner lasciò un paese con il 20 percento di poveri e il 7 percento di disoccupati.

La sua influenza sulla politica argentina continuò con l’elezione alla presidenza della moglie Cristina Fernandez. Fece approvare la legge sul matrimonio gay, stanziò un bonus universale per i figli, fece approvare una legge per eliminare i monopoli dei mezzi d’informazione e statalizzò i fondi pensionistici. All’inizio i media parlavano di una doppia presidenza, ma poi tutti iniziarono a sostenere che il vero presidente fosse Nestor. «Aveva una leadership radiale», ha detto di lui l’ex capo del suo staff Alberto Fernandez. «Era al centro: tutti gli riferivano le informazioni e lui assegnava i compiti». Il 27 ottobre 2010, il giorno della sua morte, migliaia di persone confluirono spontaneamente davanti alla Casa Rosada per commemorarlo.

«Il mondo è in un momento molto difficile», ha detto Cristina Fernandez nel suo ultimo discorso pubblico di mercoledì sera. «Le icone che hanno cercato di convincerci che stavamo sbagliando, che dovevamo cambiare, stanno cadendo. Grazie a Dio non abbiamo cambiato». La sua nuova presidenza dovrà dimostrare che ha ragione, e per farlo dovrà soprattuto rilanciare l’economia del paese. Finora è stata aiutata dall’aumento del prezzo della soia, il principale prodotto esportato dall’Argentina, e dalla crescita economica del Brasile, il suo partner commerciale più importante. Ma d’ora in poi dovrà dimostrare di sapere costruire un’alternativa economica a quella dell’esportazione dei prodotti agricoli, e rilanciare le ambizioni industriali dell’Argentina. Altrimenti, come ha scritto di recente il giornalista Martin Caparros, il kirchnerismo rischierà di avere governato più di dieci anni ma di avere lasciato un paese ancora più povero di quello dei tempi di Menem.