La storia dei Little Rock Nine
Un libro racconta dei nove studenti neri che nel 1957 furono ammessi alla scuola per bianchi, tra mille contestazioni, e della foto simbolo di quella storia
Nel 1957 in Arkansas, nel sud degli Stati Uniti, a sei ragazze e tre ragazzi neri fu permesso di iscriversi al liceo pubblico di Little Rock. La decisione fu presa in ragione del loro rendimento scolastico eccellente e dei risultati nei testi attitudinali, nell’ambito del tentativo di integrazione forzata tra bianchi e neri messa in atto in quegli anni negli Stati Uniti. I ragazzi furono chiamati i “Little Rock Nine”, i nove di Little Rock, e la loro storia è stata di centrale importanza per il movimento statunitense per i diritti civili. Slate ha pubblicato un estratto del saggio di David Margolick, Elizabeth and Hazel: Two Women of Little Rock, che racconta la storia dei Little Rock Nine attraverso una foto.
Come per molti eventi storici dell’ultimo secolo, infatti, anche la storia dei Little Rock Nine è simboleggiata da una fotografia. La foto ritrae Elizabeth Eckford, una dei Little Rock Nine, con alle sue spalle una folla di ragazzi bianchi e Hazel Bryan, quindicenne iscritta alla stessa scuola, immortalata nell’atto di urlarle qualche insulto.
Nel 1954, negli Stati Uniti, si decise di porre fine alla segregazione razziale nelle scuole: prima di quell’anno bambini e ragazzi neri frequentavano scuole diverse da quelle dei loro coetanei bianchi, nonostante non esistesse alcun divieto ufficiale di creare classi miste. La situazione era molto critica soprattutto nel sud degli Stati Uniti, dove il razzismo era ancora più radicato nella società, rispetto agli stati settentrionali, e la segregazione sembrava l’unica forma accettabile di convivenza tra bianchi e neri.
Il 4 settembre 1957 a Little Rock, nell’Arkansas, era il primo giorno di scuola. I nove ragazzi neri erano stati selezionati per frequentare la principale scuola superiore cittadina, ma le truppe dell’Arkansas National Guard, che agivano per conto del governatore dello stato, impedirono loro l’accesso in aula. Il governatore era il democratico Orval Faubus. I nove ragazzi furono poi allontanati dall’aggressione verbale dei loro coetanei bianchi che, indignati all’idea che fosse loro permesso l’ingresso in una scuola “bianca”, li respinsero con insulti e minacce.
Pochi giorni dopo, il presidente Eisenhower commissariò l’Arkansas National Guard e inviò truppe federali a verificare che ai nove ragazzi neri fosse consentito l’ingresso a scuola e lo svolgimento dell’attività didattica. Nonostante la presenza dell’esercito, i nove studenti furono sottoposti a continue violenze e atti di discriminazione da parte dei loro compagni, sotto gli occhi dei docenti. L’estate successiva il governatore dell’Arkansas, pur di rinviare l’eliminazione graduale della segregazione, con la scusa delle continue violenze decise di sospendere le lezioni e tenere chiuse tutte le scuole. La decisione fu avallata da un referendum ma, nonostante questo, le famiglie dei nove ragazzi neri furono ritenute responsabili dal resto della popolazione per l’anno scolastico perso, e di conseguenza vittime di ulteriori attacchi e discriminazioni. Il governo vietò l’apertura di scuole private per gli studenti bianchi, e l’anno successivo la scuola pubblica fu riaperta.
Hazel Bryan era parte della folla che insultava i nove ragazzi neri e, a giudicare dalla sua espressione nella fotografia, era una delle più aggressive.
Oggi Hazel Bryan racconta che all’epoca era decisamente più interessata ai ragazzi che alla politica, influenzata dai pregiudizi dei genitori e priva di una vera ideologia razzista. Quella foto, però, fece il giro dei giornali locali e nazionali e la rese nota in tutto il Paese come il simbolo di chi si opponeva alla fine della segregazione. I suoi genitori la trasferirono in una scuola meno centrale per proteggerla dall’improvvisa notorietà. Nonostante fosse diventata il volto della discriminazione scolastica a Little Rock, Hazel Bryan non ebbe mai contatti diretti, dopo quel giorno, con i nove studenti neri, né prese parte alle violenze fisiche e verbali di cui questi furono vittime durante gli anni di scuola.
Hazel Bryan Massery era curiosa e riflessiva. Accendendo la sua vecchia radio con le orecchie da coniglio che il padre le aveva regalato, ascoltò i discorsi di Martin Luther King, e vide persone di colore colpite dal getto degli idranti e inseguiti dai cani durante le manifestazioni, o ricevere tazze di caffè bollente e ketchup sulla testa mentre sedevano a banconi del bar separati dai bianchi. Scene del genere portarono alla sua attenzione la realtà dell’odio razziale, e il fatto che lei vi aveva dato un piccolo ma rilevante contributo. Un giorno, comprese, i suoi figli avrebbero imparato che quella ragazza dall’espressione truce sui loro libri di scuola era la loro madre. Capì che aveva qualcosa da sistemare.
Nel 1962 Hazel Bryan cercò il numero sull’elenco telefonico e, in lacrime, chiamò Elizabeth Eckford per chiederle scusa. Parlarono poco, non più di un minuto, ma fu una conversazione cordiale.
Dopo il matrimonio Hazel Bryan cominciò, nel suo piccolo, a battersi per i diritti dei neri. Si fece pubblicamente riconoscere come la ragazza della foto, prestò assistenza alle donne di colore che avevano difficoltà economiche, cercò di sensibilizzare prima amici e parenti, poi il pubblico, alla questione razziale. Per anni sperò di essere rintracciata da qualche giornalista disposto a raccontare la sua storia, così da riscattarsi. La foto continuava a essere pubblicata come simbolo delle discriminazioni razziali, ma nessuno si preoccupava di chi fosse la ragazza ritratta.
Will Counts, il fotografo, tornò a Little Rock solo quarant’anni dopo e chiese alle due donne di posare di nuovo per lui. Per Hazel era un traguardo: la nuova foto, titolata Reconciliation (riconciliazione), fu pubblicata su tutti i giornali e addirittura stampata singolarmente e venduta come poster. Le due diventarono grandi amiche, si frequentavano sia privatamente che durante occasioni pubbliche, parteciparono insieme a ogni commemorazione degli eventi di Little Rock e furono addirittura ospiti durante una puntata del talk-show di Oprah Winfrey.
Il legame restò stabile fino a dieci anni fa, quando Elizabeth, a quanto pare, cominciò a nutrire qualche sospetto nei confronti della “redenzione” di Hazel. La donna si sentì respinta non solo dall’amica ma anche dalla comunità nera della regione, da cui pensava di essere stata perdonata. E dai bianchi.
Il risentimento le arrivò anche da parte dei bianchi, in particolare da quelli che avevano frequentato la Little Rock Central High School, e soprattutto da quelli di buona famiglia, convinti, nonostante tutto, di non aver fatto assolutamente nulla di male durante quel periodo buio e, a dirla tutta, consideravano Hazel e la sua specie “white trash”, spazzatura bianca. Quarant’anni prima gli aveva fatto un occhio nero; ora era tornata, più vistosa e imbarazzante che mai. […] Nessuno di loro si era mai scusato per ciò che avevano o non avevano fatto e, secondo Hazel, non erano stati puniti per il loro silenzio.