Il PD secondo il Wall Street Journal
«Non conta quanto fondate siano le critiche nei confronti delle misure di austerità di Berlusconi, perché il Partito Democratico non ha di meglio da offrire»
L’attenzione sull’Italia di un grande organo di stampa internazionale per un giorno si è staccata da Silvio Berlusconi e si è dedicata all’opposizione, ma non con maggiori indulgenze. Il Wall Street Journal oggi ha pubblicato un articolo firmato da Alexander Lee su come siamo messi sul fronte economico e politico, soffermandosi a lungo sull’incapacità dell’opposizione di andare oltre le critiche al governo e di offrire valide alternative. L’analisi parte dagli ultimi risultati ottenuti da Silvio Berlusconi in Parlamento con la conferma della fiducia, considerata un test per verificare la sua capacità di resistere alla guida del paese in un forte momento di crisi.
Sulla carta avrebbe dovuto perdere. Con le difficoltà dovute a un debito pubblico enorme pari al 120 per cento del prodotto interno lordo, ha dovuto affrontare sfide molto serie. Da quando Moody’s ha abbassato il rating dell’Italia da Aa2 ad A2 lo scorso 4 ottobre, la fiducia dei mercati nei titoli di stato italiani è scesa ulteriormente, e il governo di Berlusconi ha dovuto affrontare nuovi piani di tagli alla spesa pubblica.
Il Journal ricorda poi le numerose crepe e fratture all’interno della maggioranza, con la recente defezione di un altro parlamentare del PdL, Santo Versace. Il governo deve inoltre affrontare il crescente scontento popolare che ha portato a un forte calo di consensi e a diverse manifestazioni di protesta, culminate nella giornata di sabato scorso a Roma.
Con difficoltà e molti ripensamenti, il governo ha varato provvedimenti tesi a ridurre la spesa pubblica e ad aumentare l’imposizione fiscale. Un piano molto criticato, anche dagli industriali, per gli effetti che potrebbe avere sulla crescita economica in Italia.
Anche se non rappresenta la migliore delle strategie possibili, il piano di Berlusconi è l’unico serio pacchetto di riforme in questo momento. Oltre a chiedere da mesi le dimissioni di Berlusconi, l’opposizione del Partito Democratico ha fallito nell’avanzare proposte realistiche per i conti pubblici. Non conta quanto fondate siano le critiche nei confronti delle misure di austerità di Berlusconi, perché il Partito Democratico non ha di meglio da offrire.
L’articolo spiega le difficoltà del principale partito d’opposizione a mettere insieme le varie anime che lo formano. Per superare le divisioni, il PD ha scelto la strada «di politiche blande e di centro che gli elettori faticano spesso a distinguere da quelle del PdL».
Al momento, le proposte del Partito Democratico rimangono focalizzate sulla creazione di nuovi posti di lavoro e sull’imposizione fiscale progressiva, questioni di cui vorrebbe occuparsi anche Silvio Berlusconi. Ma le continue divisioni hanno impedito al Partito Democratico di spiegare come vorrebbe raggiungere questi obiettivi. In seguito alle prestazioni poco esaltanti del partito nelle elezioni amministrative di maggio, gli elettori hanno poca fiducia e sono preoccupati che il partito si possa dividere una volta al governo. Le stesse preoccupazioni hanno impedito ai sindacati tradizionalmente legati alla sinistra di dare il loro pieno sostegno al Partito Democratico, e hanno portato alcuni parlamentari ad andare dalla parte del presidente del Consiglio nei momenti del bisogno.
La debolezza del Partito Democratico è un vantaggio per Berlusconi, ma – conclude l’articolo – è un altro grande svantaggio per l’Italia. Il paese ha bisogno di un forte cambiamento e di una alternativa solida al governo di Silvio Berlusconi.
Anche a rischio di dividere il partito e di perdere nuovamente alle elezioni, la leadership del Partito Democratico deve farsi carico di elaborare una politica economica chiara ed efficace focalizzata sugli stimoli per la crescita e la stabilizzazione della spesa pubblica. Sarà un percorso duro, ma la vittoria al voto di fiducia di Berlusconi dimostra che il Partito Democratico ha necessità di ripensare la propria strategia economica a partire dalle fondamenta per rimettere in sesto l’Italia.