Le nuove telefonate tra Berlusconi e Lavitola
In una conversazione diffusa da Repubblica un frustrato PresdelCons dice che gli rimangono due alternative: andarsene o «fare la rivoluzione»
Oggi sul sito di Repubblica si possono ascoltare e leggere, raccolte e raccontate da Liana Milella e Giuseppe Caporale, alcune telefonate intercorse nell’ottobre del 2009 tra Silvio Berlusconi e il faccendiere Valter Lavitola, coinvolto nelle indagini sul caso Tarantini. Le intercettazioni sono contenute negli atti dell’inchiesta condotta dalla procura di Pescara sui fondi dell’Avanti!, il giornale diretto da Valter Lavitola. Il tono generale dei nastri sembra descrivere Lavitola come una specie di stalker, con la segretaria di Berlusconi, Marinella, che a un certo punto liquida le sue piuttosto petulanti richieste con un «lasciami vivere» e con Berlusconi che a un certo punto quasi gli chiude il telefono in faccia. Non prima però di avergli affidato la frase più rilevante – giornalisticamente, non penalmente – di quelle contenute nei nastri.
In uno sfogo di frustrazione, Berlusconi si lamenta di non contare nulla a fronte del potere dei “giudici di sinistra” e dice quindi che gli rimangono due alternative: andarsene, che è una cosa a cui sta pensando anche perché dice di non stare bene, oppure fare la rivoluzione, «ma la rivoluzione vera».
“Portiamo in piazza milioni di persone, facciamo fuori il palazzo di giustizia di Milano, assediamo Repubblica: cose di questo genere, non c’è un’alternativa…”. Parola di Silvio Berlusconi nell’ottobre 2009. Sì, proprio lui. Si sfoga al telefono con Valter Lavitola, il giornalista-faccendiere incredibilmente di casa a palazzo Grazioli. Questa è solo una delle migliaia di telefonate raccolte negli atti dell’inchiesta di Pescara sui fondi dell’Avanti. Sta in un cd depositato al processo. Intercettazioni ormai pubbliche quindi. Sorprendenti. Confermano il rapporto strettissimo tra il premier e Lavitola. Che, come dice lui stesso, lo accompagna abitualmente in aeroporto. In questa stretta relazione il Cavaliere rivela i suoi odi e le sue ossessioni: “La situazione oggi in Italia è la seguente: la gente non conta un cazzo… Il Parlamento non conta un cazzo… Siamo nelle mani dei giudici di sinistra, sia nel penale che nel civile, che si appoggiano a Repubblica e a tutti i giornali di sinistra, e alla stampa estera”. Qual è, allora, la ricetta risolutiva del premier? “Facciamo la rivoluzione, ma la rivoluzione vera”. Colloqui continui tra Lavitola e il premier, l’affannosa ricerca di non farsi intercettare, di beffare “il maresciallo” che ascolta.
La segretaria Marinella, pressata da Lavitola, gli dice “lasciami vivere” e “togli il fiato”. Ma lui dà ordini su chi e come deve entrare dal Dottore. Parla con tutti i palazzi del potere, tutti gli rispondono, spesso con insofferenza e con fastidio, ma è evidente dai colloqui registrati che nessuno gli può dire di no. Sembra un plenipotenziario occulto, la cui frase preferita è: “Ne ho parlato con il capo”.