“Erano un altro corteo”
Un'altra testimonianza da piazza San Giovanni, su Doppiozero: "troppo facile dire che erano pochi cattivi"
Andrea Cortellessa racconta su Doppiozero del suo sabato pomeriggio a Roma, delle cose che ha visto e di quello che ha capito.
Rifugiati in un bar all’inizio di Viale Aventino, all’incrocio col Circo Massimo. Quasi tutti gli amici in T-shirt bianca si sono incamminati verso casa. Manco a farlo apposta, sono las cinco de la tarde. Siamo in una zona perfettamente intermedia, Terra di Nessuno fra l’Area del Disastro (con lo sciamare dei reduci dalla battaglia di Via Labicana) e la Città che non l’ha Visto (coi soliti turisti, vagamente perplessi per il casino che frigge nell’aria). Il barista, fiutato l’affare, ha sintonizzato il maxischermo al plasma su RaiNews 24, gigantografando la diretta terroristica da una Piazza San Giovanni annuvolata di battaglia, la gimkana dei blindati nella mezzaluce rossastra dei fumogeni. A decine, transfughi e turisti, in silenzio contemplano il Disastro. Non si sente un commento; il silenzio, nel locale stracolmo, è surreale. Stefano, Nicola, Daniela, Christian e Giuseppe guardano assieme a me le immagini. Arriva un sms da Maria Grazia, in mezzo alla testa del corteo col figlio di dieci anni: «Gente di merda con i caschi che brandiva cartelli stradali. Ci hanno caricato mentre venivamo».
Vedo una sedia libera – inconcepibile in tempo normale, a bar così affollato –, me ne impossesso, vi depongo le membra dolenti per le tre ore di marcia sui sampietrini. E mi compiaccio della supersnobberia, prendere un tè e sorseggiarlo con calma mentre tutti attorno a me, in piedi, continuano a contemplare il Disastro. Non è l’ora del tè? Il barista, con tutto il pelo sullo stomaco che si ritrova, mi disapprova visibilmente. Siamo tutti in attesa del momento ufficiale di disperderci in via definitiva; basta che uno di noi faccia un passo verso l’uscita del bar per autorizzare tutti gli altri a fare lo stesso.
È esattamente in questo momento, 17:34, che arriva la telefonata di Sara: «Che fate lì? Qui c’è il carro del Valle, il corteo prosegue!»