Perché Obama manda soldati in Uganda
Cento consiglieri militari saranno inviati nel paese per la lotta contro il gruppo armato ribelle dell'Esercito di Resistenza del Signore
Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato con una lettera ai presidenti del Congresso e del Senato statunitensi l’invio di 100 consulenti militari armati in Uganda, per aiutare le forze governative locali nella lotta contro il Lord’s Resistance Army (LRA, “Esercito di Resistenza del Signore”), un gruppo armato ribelle che ha base nel nord dell’Uganda e che da oltre vent’anni si rende responsabile di violenze contro la popolazione civile. Henry Okello Oryem, il ministro degli esteri ugandese, ha detto che i consiglieri militari sono benvenuti, ma “molto in ritardo”, aggiungendo che l’Uganda chiede da oltre vent’anni maggior sostegno agli Stati Uniti.
Anche durante la presidenza di George W. Bush gli Stati Uniti avevano preso iniziative contro il gruppo ribelle, fornendo milioni di dollari in aiuti ed equipaggiamento all’esercito ugandese e inviando una ventina di consiglieri militari nel paese. Durante la presidenza Obama sono già stati spesi circa 30 milioni di dollari contro l’LRA, ed è stato addestrato da consulenti militari statunitensi un battaglione dell’esercito della Repubblica Democratica del Congo. I soldati inviati da Obama (i primi sono già arrivati in Uganda mercoledì scorso) saranno armati, ma non potranno organizzare alcuna azione militare autonomamente.
Come riporta un’analisi di Associated Press, alcuni esperti pensano che l’ultimo invio di militari in Uganda sia un modo per ricompensare l’invio dell’esercito ugandese in Somalia per contrastare le milizie islamiche di al-Shaabab. Si tratta anche di una decisione notevole nel quadro della politica estera americana, che da molti anni ha ridotto al minimo il suo impegno militare diretto in Africa, dopo il fallimento della spedizione in Somalia degli anni Novanta. Il comando militare dell’esercito statunitense per le operazioni in Africa si trova in Germania, vicino a Stoccarda, e gli Stati Uniti hanno una piccola base, l’unica di tutto il continente, in Gibuti, una piccola nazione dell’Africa orientale.
L’Esercito di Resistenza del Signore
Il gruppo ribelle si è formato in Uganda nel 1988, in opposizione al governo di Yoweri Museveni, attuale presidente dell’Uganda e in carica dal 1986. Fu fondato sui resti dell’esercito del Movimento dello Spirito Santo, uno dei molti movimenti ribelli che si formarono del nord del paese e che vennero per la maggior parte sconfitti dal governo di Museveni nel corso degli anni Novanta.
Il suo leader, Joseph Kony, si dichiara un profeta in contatto diretto con Dio e ha progressivamente fatto diventare l’LRA una delle milizie più violente dell’intera Africa. Le sue radici religiose sono nel cattolicesimo e in movimenti millenaristi cristiani, a cui mescola credenze religiose locali. Dichiara di voler stabilire un governo basato sui dieci comandamenti in Uganda. La parte principale del suo esercito è formata da bambini, che sono stati rapiti dai villaggi mentre la popolazione adulta veniva in gran parte uccisa.
Il raggio d’azione dell’LRA si è espanso nel corso del tempo oltre i confini ugandesi, con basi nella Repubblica Centrafricana, nella Repubblica Democratica del Congo (nelle cui giungle sarebbe rifugiato oggi gran parte dell’LRA) e nel nuovo stato del Sud Sudan, indipendente da pochi mesi. Da alcuni anni, però, l’LRA è in un momento di grande debolezza a causa delle divisioni interne e dell’azione militare delle forze governative, che stimano le sue dimensioni attuali in poche centinaia di combattenti. In passato, il gruppo ribelle è stato finanziato dai paesi dell’area (come il Sudan) all’interno delle violente lotte tra gli stati dell’Africa centrale.
Contro Joseph Kony e i principali comandanti dell’LRA è stato emesso nel 2005 il primo mandato di cattura della storia del Tribunale Penale Internazionale, per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
A sinistra, il comandante dell’LRA Joseph Kony (a sinistra) con il suo vice Vincent Otti, novembre 2006.
foto: STUART PRICE/AFP/Getty Images