L’omino dei semafori di Berlino
La storia dell'Ampelmännchen, simbolo della capitale tedesca, che oggi compie cinquant'anni
di Arianna Cavallo – @ariannacavallo
Uno psicologo del traffico è uno psicologo che si occupa di studiare i comportamenti delle persone nelle strade, quando camminano a piedi e quando sono alla guida di un veicolo. Negli anni Cinquanta Karl Peglau era il migliore psicologo del traffico della Germania Est. La commissione per il traffico di Berlino gli aveva affidato il compito di trovare una soluzione ai numerosi incidenti tra macchine e pedoni che avvenivano all’epoca. Tra il 1955 e il 1960, infatti, in Germania Est più di 10mila pedoni erano stati uccisi in incidenti stradali. Karl Peglau studiò il problema per alcuni anni e il 13 ottobre del 1961 – esattamente cinquant’anni fa – presentò alla commissione la sua soluzione: l’Ampelmännchen, cioè l’omino dei semafori che per molti turisti è diventato ora uno dei simboli della Germania nonché della cosiddetta “Ostalgie”, la nostalgia di alcuni tedeschi per lo stile di vita della DDR.
Peglau aveva concluso dalle sue ricerche che la maggior parte degli incidenti era dovuta al fatto che i pedoni dovessero seguire le indicazioni degli stessi semafori delle macchine. Le luci dei semafori, inoltre, erano troppo piccole e deboli se paragonate a quelle delle pubblicità luminose, mentre i loro colori rischiavano di non essere distinti dai daltonici (cioè da circa il 10 per cento delle persone). Insomma, i semafori dell’epoca aumentavano il pericolo di incidenti anziché diminuirli. Peglau propose allora di creare segnali più chiari. Per esempio, un omino rosso con le braccia aperte e le gambe unite avrebbe suggerito in modo chiaro di fermarsi, mentre un omino verde in movimento avrebbe fatto capire ai pedoni quando potevano attraversare la strada. Peglau aveva anche consigliato di aggiungere agli omini il naso, le dita, le orecchie e la bocca per umanizzarli ancora di più e generare il giusto comportamento dei pedoni attraverso l’immedesimazione. I nuovi semafori dovevano anche essere più grandi e dotati di luci migliori.
La commissione approvò l’idea di umanizzare le luci, ma decise di mantenere piccole le loro dimensioni per limitare i costi. L’omino immaginato da Peglau – che venne disegnato dalla sua segretaria, Anneliese Wegner – fu così rimpicciolito e perse dita, bocca e orecchie. Rimasero il naso, il cappotto e soprattutto il cappello, che Peglau temeva venisse rifiutato dalla commissione perché troppo frivolo e tipico della piccola borghesia. La commissione si limitò a modificare la direzione dell’omino verde, che venne ideologicamente rivolto da destra a sinistra. Il primo semaforo con l’Ampelmännchen venne installato nel 1969 a Unter den Linden e a Friedrichstrasse, due storiche strade di Berlino Est. I vantaggi furono subito evidenti perché anche i daltonici, le persone con problemi alla vista e i bambini riuscivano a orientarsi meglio nel traffico, comprendendo il significato dei simboli al di là del loro colore. In poco tempo l’omino divenne molto popolare: veniva impiegato nei programmi televisivi per insegnare ai bambini la sicurezza stradale, era il protagonista di alcune storie trasmesse alla radio e anche di alcuni giochi.
In seguito alla riunificazione della Germania, i semafori con l’Ampelmännchen furono sostituiti con quelli della Germania Ovest, considerati più moderni ed efficienti. Molti a Berlino Est si organizzarono per chiedere il ripristino dell’Ampelmännchen, considerato un aspetto importante della cultura della Germania dell’Est, e alla fine l’assessore al traffico concesse un’ordinanza per mantenere l’omino. A partire dal 2005 i semafori con l’Ampelmännchen sono stati ammessi a Berlino Ovest e adottati anche in altre città della Germania. Si è diffusa, tra l’altro, anche una variante femminile e una in cui l’omino regge un ombrello.
La storia non è finita qui. Nel 1995 l’uomo d’affari e graphic designer tedesco Markus Heckhausen, nato nella città di Tubinga, ebbe l’idea di costruire delle lampade con il simbolo dell’Ampelmännchen. Il successo fu enorme: non solo le lampade vendettero molto bene, ma l’iniziativa fu ripresa da giornali e tv. Da allora Heckhausen ha iniziato a vendere decine di oggetti che raffigurano l’omino (magliette, portachiavi, caramelle gommose, biciclette, davvero di tutto), ha aperto diversi negozi e un ristorante a tema, contribuendo a trasformare l’Ampelmännchen in un simbolo della Germania e della sua vita. Come ne aveva scritto qualche anni fa, sul suo blog, il peraltro direttore del Post Luca Sofri.
Il semaforo, a Berlino, regola e intralcia le giornate, le vite, sospende i pensieri, tiene allenati alla disciplina tedesca, è il vero Grande Fratello (e la madre di tutti i semafori è la Fernsehturm, che occhieggia di luci intermittenti sul cielo della città intera, sempre e ovunque). Non esiste altrove una regolazione semaforica puntuale e diffusa come a Berlino Ovest, e meno ancora un’abitudine così consolidata al suo assoluto rispetto. Alle tre del mattino, con seicento metri di strada sgombra alla propria sinistra e altrettanta alla propria destra, solo nel buio, il tedesco non attraversa. Aspetta. Aspetta l’omino verde del semaforo.
A est è diverso. Lasciata Alexanderplatz, la città è paese, gli incroci più eterei, i semafori più rari, i berlinesi più anarchici. E gli omini del semaforo sono diversi, più tozzi, con un gran cappello, senza busto, tra ragni e bambini. Quello rosso è fiero della sua responsabilità e vigile, mentre l’omino verde attraversa gaio e deciso, con la gioia dell’attraversare, quasi saltella, più unico che raro caso in cui il regime socialista mostrava un’intenzione libertaria e permissiva: va’, berlinese, va’ e attraversa la strada, puoi.
– La guida di Berlino fatta dal Post
– Luca Sofri: Berlino, il muro, i muratori (1999)