Chi sono i copti
Il massacro di domenica al Cairo è l'ultimo episodio di una storia antica e particolarmente tormentata
di Matteo Miele, Royal University of Bhutan
Nel 451, a Calcedonia se ne combinarono di problemi. In questo centro della Bitinia (oggi Turchia) si riunirono i vescovi della cristianità per discutere il problema della natura di Cristo. Solo Dio o anche uomo? Non ci si chiedeva più se il Nazareno fosse “soltanto” un uomo. Il problema era stato risolto il secolo prima mettendo alla porta gli ariani, secondo i quali Gesù era un uomo creato da Dio. Importantissimo, ma solo una creatura. Ecco perché i padri conciliari del IV secolo ci avevano tenuto ad inserire nel Credo quel “generato, non creato”.
Salutati gli ariani (il nome deriva da Ario, un egiziano, non c’era niente di indoeuropeo e meno che mai di nazista), i teologi si trovarono di fronte i nestoriani. Secondo loro in Gesù Cristo vi era sia un uomo che Dio, ma erano due persone diverse che tra di loro avevano una semplice relazione psicologica. Potrebbero sembrare dispute tra pensatori che si perdevano nell’interpretazione di un versetto della Bibbia, confrontandolo con secoli di pensiero greco. In realtà erano ingombranti problemi politici, perché dividere la comunità religiosa metteva in pericolo l’Impero. Non per niente i concili li convocavano gli imperatori.
Condannati i nestoriani (che però rimasero in Persia e andarono anche più a oriente, in Cina) era ora di concentrarsi su questi strani personaggi che, a detta di qualcuno, pensavano che Cristo fosse solo Dio, rifacendosi alle idee proposte da Eutiche. Monofisiti li chiamavano, ovvero “una sola natura”. Come accennato, queste dispute erano fondate su differenze terminologiche molto particolari (e inoltre con così tanti vescovi a parlare lingue diverse), ma al contempo c’era anche un Impero bizantino sempre più prepotente. Dunque, sebbene non vi fossero sostanziali discrepanze, i disaccordi politici crearono contrasti anche all’interno della dottrina.
Dalla frattura consumatasi nel 451 nacquero delle nuove Chiese, dette precalcedonesi. Una di queste fu quella Copta. Copto vuol dire “egiziano”. La lingua copta è l’ultima eredità della lingua egiziana (quella scritta in geroglifici, mentre il copto è scritto con un alfabeto derivato da quello greco). I cristiani egiziani infatti identificano i propri antenati negli antichi egizi, che si battezzarono molto prima dell’invasione musulmana del paese nel VII secolo. I copti, che già avevano subito le persecuzioni dei bizantini (che sull’estremismo non dovevano prendere lezioni da nessuno), furono ben felici dell’arrivo degli arabi. Poi però iniziò il declino, che li portò ad essere una minoranza nel loro paese.
Oggi sono circa dieci milioni. Pochissimi sono in grado di scrivere e leggere il copto e ormai l’arabo ha preso il sopravvento. Nel corso dei secoli alcuni copti si riunirono con Roma, dando vita alla Chiesa cattolica copta. Altri ancora divennero protestanti. Ma la stragrande maggioranza dei copti ha un proprio papa, il Patriarca di Alessandria, che fa risalire la propria autorità fino a San Marco. Fino al XX secolo anche i cristiani d’Etiopia erano soggetti a lui. L’attuale papa è Shenuda III che si riconciliò con Roma sul problema della natura di Cristo, chiarendo (così come hanno fatto anche altre chiese orientali, come ad esempio quella armena), i tanti errori e le incomprensioni di quell’autunno di quasi sedici secoli fa in Asia Minore.