L’Artico senza il ghiaccio
Si sta sciogliendo più velocemente di quanto previsto: nel 2050 potrebbe non essercene più
Lo scorso 9 settembre i ghiacci dell’Artico hanno raggiunto la loro dimensione minima stagionale, ricoprendo circa 4,33 milioni di chilometri quadrati del Mar Glaciale Artico. Non si tratta di un record negativo, spiegano sull’Economist, ma le condizioni che hanno portato a questo risultato rimangono comunque anomale rispetto agli anni precedenti. Nel 2007 i ghiacci al loro minimo stagionale ricoprirono 4,17 chilometri quadrati di mare a causa di una combinazione insolita di diversi fattori come numerosi giorni di fila di tempo soleggiato, poche nuvole in cielo e correnti marine più calde. Condizioni che non si sono verificate quest’anno, eppure c’è solamente il 4 per cento in più di ghiaccio rispetto a quattro anni fa.
A questi dati vanno aggiunti quelli sull’andamento complessivo dello spessore dello strato di ghiaccio, che si stima si sia dimezzato dal 1979 a oggi, cioè da quando sono disponibili le misurazioni effettuate con i satelliti. Il fenomeno è quindi noto da tempo e buona parte della comunità scientifica concorda sul fatto che sia stato causato dall’aumento delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, dovuto principalmente alle attività umane. Il tasso di riduzione annuale dei ghiacci non concorda però con i modelli matematici che cercano di prevedere gli effetti del cambiamento climatico nel lungo periodo.
Stando ai calcoli basati sui modelli più accreditati, se i gas serra continueranno ad aumentare agli attuali ritmi, il Mar Glaciale Artico sarà libero dai ghiacci entro la fine del secolo in corso. Ma se invece si valuta l’effettiva velocità di scioglimento, i ghiacci potrebbero sparire entro il 2020 – 2050. Questa discrepanza è principalmente dovuta al fatto che l’aria nella zona dell’Artico si sta riscaldando al doppio della velocità rispetto al dato medio dell’intera atmosfera. Man mano che si riducono i ghiacci, si riduce la superficie che riflette i raggi solari e la temperatura nell’area aumenta.
Il maggiore assorbimento del calore del Sole spiega solo in parte l’accelerazione nello scioglimento e i ricercatori sospettano che possano esserci altre cause. Una potrebbe essere legata al cambiamento nelle caratteristiche del ghiaccio: una massa di acqua ghiacciata che si scioglie e diventa nuovamente solida è più sottile e ha una struttura più debole ai margini. Il fenomeno potrebbe concorrere, ma non è sufficiente a spiegare l’assottigliamento dei ghiacci. Un altro indiziato sono i particolati, le polveri prodotte dall’inquinamento che viaggiano nell’atmosfera e ricadono poi verso il suolo, facendo scurire i ghiacci e riducendone dunque l’effetto riflettente.
Agli attuali ritmi, se si diminuisse sensibilmente l’emissione di particolati nell’atmosfera, il processo di scioglimento potrebbe essere rallentato di una decina di anni, ma non potrebbe comunque essere fermato. Secondo uno studio del Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite, se America del Nord, Russia e paesi scandinavi riducessero la produzione di particolati e ozono, il riscaldamento della zona dell’Artico potrebbe essere ridotta di due terzi nei prossimi trent’anni.
La riduzione del particolato, che si produce per esempio nei grandi incendi o con i motori diesel difettosi, richiederebbe ai paesi del mondo uno sforzo inferiore rispetto a quelli per ridurre le emissioni di anidride carbonica, principale responsabile del riscaldamento globale. Secondo alcuni, tuttavia, ci sarebbero ancora troppo pochi dati per dimostrare che la riduzione dei ghiacci nell’Artico sia effettivamente dovuta ai particolati.
Mentre si valutano le soluzioni per mettere un freno allo scioglimento, diversi scienziati studiano quali potrebbero essere gli effetti dei cambiamenti nella quantità di ghiaccio nella zona artica. Non dovrebbero portare a un sensibile aumento del livello dei mari, spiegano, ma un Artico in grado di assorbire più calore potrebbe accelerare il riscaldamento globale e potrebbe indurre uno scioglimento più rapido delle altre riserve di ghiaccio, per esempio in Groenlandia. E questo sì che potrebbe portare a un aumento del livello del mare. Gli animali che vivono nell’area avrebbero serissimi problemi di sopravvivenza.
Lo scioglimento dei ghiacci potrebbe portare anche alcuni benefici, conclude l’Economist, come un accesso più semplice alle grandi risorse di combustibili fossili dell’Artico e un aumento della pescosità dei mari della zona. Vantaggi per pochi e limitati geograficamente, mentre per il resto del mondo potrebbero esserci eventi atmosferici più violenti e difficili da prevedere.
foto: AP Photo/John McConnico