La vittoria storica al Senato della sinistra francese
Guadagna la maggioranza dopo 50 anni e mette Sarkozy nei guai
Nelle elezioni senatoriali di domenica, la sinistra francese ha conquistato la maggioranza per la prima volta in mezzo secolo, dicono gli scrutini ancora parziali: a sette mesi dalle elezioni presidenziali, è un risultato che indebolisce Sarkozy, malgrado il ruolo meno centrale della seconda Camera per la Costituzione francese.
Gli esponenti del Partito Socialista (il più forte tra le opposizioni di centrosinistra) tra cui i candidati alle prossime primarie, stanno celebrando il risultato come una vittoria storica – e con loro i maggiori mezzi di comunicazione – mentre i loro rivali del centrodestra si affrettano a sostenerne il valore relativo. I seggi del Senato, che ha importanti ruoli simbolici e non nel sistema delle istituzioni francesi, sono 348, e i vincitori dovrebbero avere superato la maggioranza di circa sei seggi. “Il risultato capovolge il paesaggio politico”, scrive Le Monde. È quasi certo a questo punto che il presidente Sarkozy non abbia la forza per portare a termine il suo contestato progetto della “regola d’oro” per il pareggio di bilancio nella Costituzione. Ma la vittoria dà alle opposizioni un inedito potere su tutte le questioni legislative, finora unicamente in mano alla maggioranza grazie ai numeri dell’Assemblea Nazionale, il primo ramo del parlamento francese.
Il presidente del Senato è la seconda carica dello Stato, che sostituisce il presidente quando questi sia impossibilitato, e lo accompagna spesso nelle occasioni ufficiali. Ha inoltre poteri di nomina in alcuni importanti organi statali, come il Consiglio della Magistratura e il Consiglio di Stato. Sarà eletto il 1° ottobre, e il partito di Sarkozy, l’UMP, ha annunciato di non volersi ritirare dalla competizione per ottenere la carica, contando sul voto di alcuni senatori dei partiti minori. I Verdi hanno più che raddoppiato i loro seggi, portandoli da quattro a dieci: e si sta discutendo la modifica della norma che impone quindici senatori per formare un gruppo parlamentare, per portare il numero appunto a dieci.
Le elezioni di domenica riguardavano circa la metà dei seggi del Senato.