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  • Venerdì 23 settembre 2011

Il Giappone non rinuncia al nucleare

Almeno nel breve periodo: il premier Noda dice che gli impianti devono essere riattivati

Il primo ministro giapponese Yoshihiko Noda ha detto che intende riavviare i reattori nucleari ora inattivi entro la prossima estate, aggiungendo che è “impossibile” che il paese possa farne a meno o possa programmare nel breve periodo la completa rinuncia all’energia nucleare.

Martedì 20 settembre, durante la sua prima intervista dopo aver assunto la guida del governo lo scorso 2 settembre, Noda ha confermato le sue posizioni, conosciute da tempo, a favore dell’energia nucleare, un tema che è attualmente al centro del dibattito politico giapponese. La gestione del grave incidente nell’impianto di Fukushima Daiichi, giudicata inadeguata dall’opinione pubblica giapponese, è stata fondamentale nel determinare la fine del governo di Naoto Kan, nonostante l’ex primo ministro si fosse dimostrato sempre più critico nei confronti dell’energia nucleare man mano che aumentava lo scontento dei giapponesi.

Prima dell’incidente di Fukushima, l’energia proveniente dai 54 reattori attivi in Giappone contribuiva per circa un quarto al fabbisogno energetico del paese, che continuava a dipendere pesantemente dall’importazione di combustibili. Il programma nucleare godeva di un largo supporto tra la popolazione, supporto che non era stato toccato sensibilmente né dall’incidente di Three Mile Island del 1979 né da quello di Chernobyl del 1986. Dopo Fukushima, la situazione è cambiata radicalmente. Il 19 settembre, circa 30.000 persone hanno partecipato a una manifestazione contro l’energia nucleare a Tokyo, una delle più ampie dall’incidente ma anche una delle proteste politiche più partecipate da parecchi anni in Giappone.

Dopo l’incidente nucleare, avvenuto lo scorso 11 marzo, le autorità locali hanno impedito la riattivazione degli impianti chiusi per l’ordinaria manutenzione, un’operazione che di solito prende tra i tre mesi e l’anno. Di conseguenza, gli impianti oggi attivi sono una dozzina, e entro il prossimo anno anche questi dovranno essere spenti per la manutenzione.

Il primo ministro Noda ha detto che bisogna ricominciare a far funzionare i reattori, perché in caso contrario si avranno cali di corrente e blackout che danneggerebbero l’economia, già duramente colpita dallo tsunami. I critici del nucleare fanno notare che la scorsa estate (la stagione con il più alto consumo energetico), in Giappone, non ci sono state significative mancanze della corrente elettrica nonostante decine di reattori non stessero funzionando.

L’Istituto giapponese per l’Economia Energetica, tuttavia, ha dichiarato che nell’estate del 2012, se non verranno riattivati nuovi reattori, la produzione di energia elettrica sarà inferiore alla domanda del 7,8% circa. La minor quantità di energia proveniente dal nucleare farà aumentare ulteriormente, nel prossimo futuro, le importazioni di materie prime come petrolio e gas naturale, che negli ultimi mesi sono già aumentate moltissimo. In particolare, il Giappone è il più grande importatore al mondo di gas naturale liquefatto (LNG, che arriva in Giappone soprattutto da Malesia e Australia) già da prima del terremoto, occupando circa il 35 per cento del mercato mondiale.

Il primo ministro Noda e membri del suo governo parlano ai lavoratori
nell’impianto nucleare di Fukushima durante una visita dell’8 settembre scorso.
(foto: AP Photo/Prime Minister’s Office of Japan, Pool)