La Palestina chiede il riconoscimento all’ONU
È stata presentata ufficialmente l'annunciata richiesta alle Nazioni Unite, che fa arrabbiare Israele e preoccupa gli Stati Uniti
L’Autorità Nazionale Palestinese ha lanciato ufficialmente la sua campagna per ottenere dalle Nazioni Unite il riconoscimento ufficiale di Stato membro. In una lettera inviata al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-Moon, i rappresentanti del governo palestinese invitano il leader dell’ONU a “fare ogni possibile sforzo così da garantire al popolo palestinese di ottenere ciò che chiede”. Alla lettera seguiranno una serie di iniziative pacifiche, scrive Haaretz, da qui al 21 settembre. Il presidente palestinese Mahmoud Abbas parlerà all’assemblea generale dell’ONU il 25 settembre.
La ricerca del riconoscimento ufficiale dell’ONU da parte della Palestina è da mesi motivo di tensione tra Israele, Palestina e Stati Uniti. Il governo israeliano ha espresso più volte la sua contrarietà a una decisione del genere, che interpreterebbe come un segnale di ostilità da parte delle Nazioni Unite e una specie di dichiarazione di guerra da parte della Palestina: in via del tutto teorica, il riconoscimento della Palestina come Stato da parte dell’ONU potrebbe portare – scrive Haaretz – all’incriminazione dei membri del governo israeliano davanti al Tribunale Penale Internazionale dell’Aia. Lo scorso marzo il governo israeliano aveva inviato una comunicazione diplomatica riservata ai quindici paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’ONU e a molte altre nazioni europee, minacciando di intervenire «con una serie di azioni unilaterali» in caso di riconoscimento ufficiale della Palestina.
Israele sostiene che il sostegno internazionale guadagnato negli ultimi anni dalla causa palestinese abbia spinto la Autorità Nazionale Palestinese a rinunciare ai negoziati con Israele e puntare direttamente al riconoscimento internazionale della propria autorità. Il governo israeliano ha fatto sapere che un’eventualità del genere sarebbe in violazione con quanto stabilito dagli accordi di Oslo.
Diversi paesi in questi mesi si sono detti favorevoli alla proposta palestinese. A maggio il presidente francese Nicolas Sarkozy aveva detto che «se a settembre il processo di pace sarà ancora fermo, la Francia si assumerà delle responsabilità sul riconoscimento dello stato palestinese». Gli Stati Uniti vogliono evitare un ulteriore aggravamento dei rapporti tra Israele e Palestina e per questo nei mesi scorsi hanno fatto lavorare il loro apparato diplomatico per convincere l’Autorità Nazionale Palestinese a desistere. Nel discorso al mondo arabo dello scorso maggio, il presidente statunitense Barack Obama aveva commentato così la situazione e la posizione del suo Paese.
Gli sforzi di delegittimare Israele da parte dei palestinesi sono destinati a fallire. Le azioni simboliche per isolarlo alle Nazioni Unite, a settembre, non porteranno alla creazione di uno stato indipendente. I leader palestinesi non otterranno né pace né prosperità se Hamas insisterà sulla strada del terrore e del rifiuto di qualsiasi negoziato. E i palestinesi non raggiungeranno mai l’indipendenza negando a Israele il diritto di esistere. Dall’altra parte, sì, la nostra amicizia con Israele ha radici profonde e valori condivisi. Il nostro impegno per la sua sicurezza è inamovibile, e ci opporremo ai tentativi di isolarlo nei contesti internazionali. Ma proprio per via della nostra amicizia, è importante che gli Stati Uniti dicano a Israele la verità: lo status quo è insostenibile e Israele deve prendere azioni concrete verso la pace. Già oggi un numero crescente di palestinesi vive a ovest del fiume Giordano. La tecnologia renderà sempre più complicato difendersi, per Israele. La comunità internazionale è stanca di questo processo di pace infinito che non porta mai a niente. Il sogno di uno stato ebraico e democratico non è compatibile con uno stato di occupazione permanente.
foto: ABBAS MOMANI/AFP/Getty Images