L’ONU dichiara la carestia in un’altra zona della Somalia
In emergenza anche per l'area meridionale di Bay, controllata dalle milizie islamiste di al Shabaab: 750.000 rischiano di morire di fame
L’ONU ha dichiarato lo stato di carestia in una nuova zona della Somalia, l’area meridionale di Bay, spiegando che 750.000 persone sarebbero a rischio di morte per fame. L’area di Bay è la sesta regione in cui viene ufficialmente riconosciuto lo stato di carestia. La zona colpita è principalmente la parte sud della Somalia, quella controllata dalle milizie islamiste di al Shabaab, un gruppo di circa 15.000 miliziani musulmani integralisti nato nel 2006 dopo la dissoluzione dell’Unione delle Corti Islamiche.
Sono almeno 12 milioni le persone esposte al rischio di denutrizione nel paese, ma la situazione nell’area di Bay è molto peggiore rispetto a tutte le altre zone della Somalia, con un tasso di malnutrizione che raggiunge il 58 per cento. La carestia della zona di Bay coinvolge 4 milioni di persone, di cui 750.000 sono a rischio di morte se non si risponderà adeguatamente all’emergenza entro i prossimi quattro mesi.
Ad aggravare la situazione nelle aree colpite, che al momento costituiscono l’epicentro della crisi, c’è il fatto che la distribuzione degli aiuti è molto difficile nelle zone sotto il controllo di al Shabaab. La crisi in Somalia è stata sostanzialmente innescata da una forte siccità, la più intensa degli ultimi sessant’anni. Le scarse piogge hanno portato alla morte del bestiame e delle coltivazioni di pastori e contadini, oltre a un grande aumento dei prezzi per i pochi beni ancora disponibili. Secondo un rapporto rilasciato negli ultimi giorni dall’agenzia governativa statunitense USAID, le scarse precipitazioni continueranno ancora per molti mesi, e le popolazioni locali saranno in pesante difficoltà fino al raccolto dell’agosto 2012. In Somalia ci sono poi altri problemi che rendono più difficile la gestione della carestia: la popolazione è in rapida crescita, sono molte le ragazze che abbandonano la scuola e hanno presto il primo figlio, gli investimenti nel settore dell’agricoltura sono pochi a causa di quasi venti anni di guerra, la desertificazione avanza a causa del disboscamento e manca un governo stabile.
La popolazione delle zone più colpite sta cercando di spostarsi verso la capitale Mogadiscio, abbandonata il mese scorso dalle milizie di al Shabaab, e verso i campi profughi poco oltre il confine. Le difficili condizioni igieniche aiutano la diffusione del colera: secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, più di 180 persone sono morte per la malattia in un ospedale della capitale, e il rischio di un’epidemia è ritenuto molto alto.
Le Nazioni Unite hanno definito quello che sta avvenendo nella regione del Corno d’Africa “la peggior catastrofe umanitaria del mondo in corso”. Le vittime sono già state decine di migliaia, per la maggior parte bambini. Le organizzazioni di soccorso raggiungono attualmente 1,77 milioni di persone, meno della metà dei 3,7 milioni che si stima abbiano bisogno di aiuto. Il Comitato internazionale della Croce Rossa ha iniziato a distribuire razioni di emergenza valide per tre mesi a più di un milione di persone. Lo scorso luglio, però, il primo ministro somalo ha accusato l’ONU di non fare abbastanza per distribuire gli aiuti.
– I bambini somali muoiono di fame
– L’ONU dichiara la carestia in Somalia
– Il Kenya autorizza l’apertura di un nuovo campo profughi
– La crisi umanitaria di cui non parliamo
– La vita a Dadaab, in Kenya
– La mappa della carestia in Somalia
– Al-Shabaab è il nuovo braccio di Al-Qaida?