Gli Stati Uniti e i soldati omosessuali
Dal 20 settembre i gay potranno far parte regolarmente dell'esercito degli Stati Uniti
Il 18 dicembre del 2010 il governo americano ha abolito il Don’t ask don’t tell, la legge che proibiva agli omosessuali di prestare servizio nell’esercito costringendoli a tacere sul loro orientamento sessuale. La norma era in vigore dal 1993 e ha costretto più di 13.000 soldati omosessuali a lasciare l’esercito. Abolito dal Congresso lo scorso dicembre, il prossimo 20 settembre il Don’t ask don’t tell cesserà definitivamente di esistere e centinaia di soldati congedati per il loro orientamento sessuale stanno pensando di fare domanda al Pentagono per essere reintegrati.
Bleu Copas è uno di loro. Ha prestato servizio nell’esercito per tre anni, poi qualcuno ha mandato un’email anonima al suo superiore dicendo che era gay. È stato congedato nel 2006. «Mi è stato tolto il mio valore di persona», ricorda Copas. Un altro è Michael Almy, un maggiore che è stato inviato in missione per quattro volte in Medio Oriente. È stato rimosso dal suo incarico non appena l’aeronautica ha iniziato le indagini per accertare se fosse o meno omosessuale. Il suo servizio si è interrotto nel 2006 quando dei poliziotti lo hanno scortato al cancello per farlo uscire dalla caserma.
Il Pentagono ha detto che è pronto a ricevere le domande dei soldati congedati per il loro orientamento sessuale, ma che non garantirà alcun trattamento speciale: i soldati dovranno ricominciare da capo, superare dei test come gli altri e dimostrare che hanno i requisiti per essere arruolati. La decisione lascia scontenti molti soldati che vorrebbero essere reintegrati nell’esercito ma che potrebbero non superare le prove fisiche perché nel frattempo sono invecchiati. Molti altri potrebbero venire riammessi ma con un grado inferiore rispetto a quello che avevano al momento del congedo. Infine alcuni potrebbero venire ammessi e riottenere lo stesso grado ma si troverebbero indietro ai loro colleghi di un tempo e rischierebbero di essere meno preparati degli altri ufficiali dello stesso rango. Per finire, il numero delle forze armate si è ridotto negli ultimi anni e alcuni soldati rischiano di restare fuori semplicemente per mancanza di posti disponibili.
Alcuni ex ufficiali, tra cui Almy, hanno presentato un reclamo sostenendo che il loro congedo è stato incostituzionale e che dovrebbero essere reintegrati, presumibilmente con lo stesso grado di quando sono stati costretti a lasciare l’esercito. Non tutti però criticano la decisione del Pentagono. Alexander Nicholson è il direttore di Servicemembers United, un’associazione di soldati congedati per la loro omosessualità. Nicholson – che ha 30 anni, è gay e per questo è stato congedato nel 2002 – spiega che «bisogna essere in grado di ragionare profondamente e a lungo termine se si vuole rimettere al proprio posto qualcuno che non sta più nell’esercito da 5 o 10 anni solo perché ha subito un’ingiustizia». Nicholson sta pensando di frequentare giurisprudenza per provare a diventare un ufficiale.
Copas, che ora si prende cura dei veterani senza tetto a Knoxville, in Tennessee, spiega che servire nell’esercito è simile a «una fame. Non è necessariamente qualcosa di razionale. È una fede, come un obbligo verso una famiglia». Copas ha 35 anni è teme che l’età possa essere un problema per il suo reintegro nelle forze armate. Ha prestato servizio come linguista arabo e ora sta pensando di studiare il dari o il pashtun, due lingue parlate in Afghanistan, ma l’esercito potrebbe considerarlo troppo vecchio e chiedergli di rinunciare. «Mi sento come se fossi ritornato da un amante crudele. Muoio ancora dalla voglia di servire nell’esercito ma non so quanto la cosa sia fattibile».
Foto: YURI GRIPAS/AFP/Getty Images