Le Coop non sono più quelle di una volta
Marco Imarisio spiega come è cambiato il movimento cooperativo e cerca di capire se alla luce degli ultimi scandali siano state rinnegate le ragioni sociali delle origini
Sul Corriere della Sera di oggi, Marco Imarisio spiega con l’aiuto dello storico Valerio Castronovo l’evoluzione delle Coop e quella che secondo alcuni è stata una loro mutazione negli ultimi tempi, un cambiamento che ha portato a rinnegare le ragioni sociali delle origini.
Le foto virate seppia a corredo di questo articolo sono il miraggio di un’Italia che non c’è più. Una certa e romantica idea delle cooperative sociali invece persiste ancora, legata a una storia gloriosa. «Un gesto di nostalgia comprensibile» dice lo storico Valerio Castronovo. «Ma paragonabile a quello del militante che gira con la foto di Enrico Berlinguer nel taschino, vagheggiando un’età dell’oro ormai scomparsa».
Nella sede della società di mutuo soccorso dei facchini livornesi campeggiava una scritta. «Una piccola luce in fondo alla buia galleria». Siamo nella prima metà dell’Ottocento, quando il movimento cooperativo passa dallo stato embrionale a quello di nuova realtà sociale. Dentro e fuori dagli opifici, nei campi e all’interno delle botteghe artigiane cresce l’esigenza di migliorare la vita delle classi più povere. Dalla Pia Unione dei tessitori di seta al Pio Istituto dei cappellai, fioriscono ovunque società mutualistiche. La Congregazione sussidiaria degli artieri bolognesi crea un fondo per le vedove di guerra, a Milano il Pio Istituto tipografico esige dai suoi soci un contributo mensile di due lire austriache per assistere infermi e disoccupati. Nel 1862, un anno dopo l’Unità d’Italia, se ne contano 432.
La politica c’entra, allora forse più di oggi. Il nume tutelare di questo nuovo associazionismo italiano si chiama Giuseppe Mazzini, che vede nelle leghe di operai, braccianti e artigiani «una larga base per l’opposizione antimonarchica e antigovernativa». La prima Unione cooperativa nasce a Milano nel 1876. All’ordine del giorno anche una sottoscrizione per l’acquisto di fucili da destinare a un Giuseppe Garibaldi ormai in disgrazia. Dal primo congresso dei cooperatori italiani, sempre a Milano, 13 ottobre 1886, emerge una miscela di orientamenti cattolici, liberali, socialisti e operaisti. All’inizio del nuovo secolo, il cambio di rotta, sulla scia del famoso spettro che da qualche tempo si aggira per l’Europa e di un testo di riferimento sulle società mutualistiche firmato da Karl Marx.