Contro Dick Cheney
I media americani parlano del nuovo libro dell'ex vicepresidente, e l'Atlantic elenca le sue colpe
Il libro di memorie di Dick Cheney, In My Time, è uscito ieri nelle librerie statunitensi, e in queste ore viene molto commentato e discusso tra gli addetti ai lavori della politica negli Stati Uniti. Cheney, vicepresidente durante il mandato di George W. Bush, è stato una figura controversa, uno dei promotori più convinti dell’invasione dell’Iraq e dei modi spicci per trattare i sospettati di terrorismo, anche a costo di sospendere le tutele legali dei cittadini statunitensi, spesso accusato di essere l’energica mente dietro le scelte e i progetti del presidente. E ha pagato duramente in termini di popolarità: quando lasciò l’incarico aveva una percentuale di approvazione del 13%.
Dick Cheney, 70 anni, ha iniziato la sua carriera alla Casa Bianca negli anni Settanta lavorando per i presidenti repubblicani Nixon e Ford. Durante la presidenza di George Bush padre è stato segretario della difesa, mentre il figlio lo ha scelto come vicepresidente degli Stati Uniti per gran parte del suo mandato, dal 2001 al 2009. The Atlantic, in un articolo di Conor Friedersdorf, coglie l’occasione della sua rinnovata attualità per elencare oggi una serie di accuse che renderebbero Cheney uno dei vicepresidenti degli Stati Uniti più impopolari di sempre.
1. La guerra in Iraq
Il comportamento di Cheney per promuovere la guerra è stato incredibilmente “irresponsabile e mentitore”, dice Friedersdorf. Nonostante i dati dei servizi segreti a sua disposizione dimostrassero senza ombra di dubbio che l’Iraq non possedeva armi di distruzione di massa chimiche, biologiche o nucleari, Cheney continuò ad affermare in pubblico la loro esistenza. Continuò anche a dire che le prove di una connessione tra al-Qaeda e l’Iraq erano solide e sicure, nonostante la commissione governativa per l’11 settembre avesse concluso che non ci fossero “prove credibili” al riguardo.
2. Le torture sui sospettati
In un’intervista al canale televisivo ABC News nel dicembre 2008, Cheney ha riconosciuto il suo ruolo centrale nell’approvazione del celebre waterboarding come strumento di interrogatorio da parte della CIA per i sospettati di terrorismo, una pratica che fa provare al prigioniero una sensazione simile all’annegamento e che è stato duramente criticato e definito “tortura” dai suoi critici.
3. Lo spionaggio illegale dei cittadini americani
Secondo Barton Gellman, autore di un libro sulla figura di Cheney, l’allora vicepresidente è stato tra gli ideatori di un sistema di intercettazione delle email e delle telefonate di cittadini statunitensi senza un mandato giudiziario, messo in pratica dopo l’11 settembre dalla National Security Agency con l’approvazione del presidente Bush. Il programma fu interrotto all’inizio del 2004, dopo oltre due anni. Nelle sue memorie, Cheney ammette il suo ruolo nelle intercettazioni, ma secondo Gellman nasconde parte delle sue pressioni successive perché il programma continuasse nonostante fosse stato dichiarato illegale.
4. I rapporti con Halliburton
Nel 1995 Cheney diventò il nuovo amministratore delegato di Halliburton, la seconda azienda del mondo nel campo dell’estrazione del petrolio e del gas naturale con circa 50.000 dipendenti e attività in tutto il mondo. Cheney non aveva nessuna esperienza nel campo della gestione aziendale e venne scelto per i suoi contatti politici e le sue amicizie con le famiglie al potere negli emirati petroliferi del Golfo Persico. Usò quei contatti per ottenere commesse per Halliburton, che continuarono dopo che lasciò il suo posto da amministratore delegato per diventare vicepresidente (la campagna presidenziale fu finanziata anche dall’azienda petrolifera). L’Atlantic dice che, con il suo lavoro per Halliburton, Cheney ha guadagnato circa 44 milioni di dollari.
5. Il caso di Ahmed Chalabi
Cheney promosse l’arrivo negli Stati Uniti dell’esiliato iracheno Ahmed Chalabi prima dell’invasione dell’Iraq nel marzo 2003. Chalabi era stato condannato per frode bancaria in Giordania, la CIA era molto scettica sulla sua credibilità, così come la Gran Bretagna: Cheney però continuava a sperare in lui per avere prove dell’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq. Le dichiarazioni di Chalabi si scoprirono false e non attendibili, ma nonostante questo il vicepresidente continuò a sostenerlo e a proporlo per un ruolo nel nuovo governo iracheno, arrivando a far licenziare un membro dell’amministrazione temporanea occidentale dell’Iraq che ne aveva parlato male.
6. Le detenzioni indefinite dei prigionieri
Insieme ai suoi consiglieri legali, Cheney redasse uno dei provvedimenti firmati da George W. Bush che stabilirono il sistema di detenzione a tempo indeterminato e senza processo dei prigionieri di Guantanamo, contribuendo a creare la confusione giuridica di difficile soluzione con cui si è dovuta confrontare anche l’amministrazione Obama.
7. Le opinioni sul ruolo del potere esecutivo
Dick Cheney ha sostenuto, fin dagli anni Settanta, che i poteri del presidente degli Stati Uniti dovessero essere ampliati e resi più flessibili. Il caso di Nixon aveva portato a una revisione dei meccanismi di controllo del potere presidenziale, in senso più restrittivo: Cheney fu fermamente contrario a questo cambiamento, e molti anni più tardi consigliò a Bush padre, da segretario della difesa, di non chiedere l’autorizzazione del Congresso per scatenare la prima guerra contro l’Iraq (Bush senior rifiutò il consiglio). Con Bush junior ebbe più fortuna, dato che il presidente sposò la linea che cercava di forzare la mano in materia di sicurezza nazionale e politica estera per accrescere i poteri del presidente rispetto a quelli del Congresso.
Per quanto riguarda i poteri del vicepresidente, però, Cheney e il suo consigliere David Addington hanno sostenuto la parziale autonomia della carica nei confronti del presidente. Nel 2007 Cheney sostenne, contro i principi costituzionali, di non essere obbligato a riportare al presidente l’uso e l’origine delle informazioni riservate in suo possesso, perché le sue funzioni non si dovevano considerare una parte del potere esecutivo, ma ricadevano (anche) sotto quello legislativo. The Atlantic chiama questa condotta “opportunistica e assurda”.
La conclusione di Friedersdorf sull’operato di Cheney è molto severa:
Dick Cheney è stato un criminale attento ad aumentare il suo potere, e ha usato le informazioni che otteneva a Washington sia per influenzare negativamente il dibattito pubblico sulla guerra e sulla pace, sia per manipolare le decisioni presidenziali, a volte in modi che irritarono persino il presidente George W. Bush.
Dopo i primi anni nel servizio pubblico, ha ottenuto guadagni dai contatti che si era fatto mentre era pagato dai contribuenti, ottenendo decine milioni di dollari attraverso il suo ruolo direttivo nella Halliburton. Durante il suo incarico nell’azienda, ha fatto affari con corrotti governanti arabi, inclusi alcuni in paesi nemici degli Stati Uniti. Dopo essere tornato al governo, ha portato avanti una teoria del potere esecutivo che travisa le intenzioni dei padri fondatori, ha incoraggiato con successo il governo federale a spiare cittadini americani innocenti, ha dato all’opinione pubblica informazioni false sulle armi di distruzione di massa in Iraq, ed è stato direttamente complice in un regime di tortura per cui dovrebbe essere in galera.
foto: MLADEN ANTONOV/AFP/Getty Images