Cosa causa il morbo di Gehrig?
Una nuova scoperta sulla sclerosi laterale amiotrofica, la malattia mortale nota anche col nome di un giocatore di baseball
Henry Louis Gehrig è stato uno dei più famosi giocatori di baseball nella storia della Major League, la lega professionistica nordamericana. Giocò per molti anni con la squadra dei New York Yankees e partecipò a 2130 partite consecutive dal momento del suo esordio (1923) al suo ritiro (1939), causato da una malattia che lo paralizzò e lo fece morire a pochi giorni dal suo trentottesimo compleanno. La malattia che lo aveva colpito all’epoca era probabilmente una forma di sclerosi laterale amiotrofica (SLA), diventata quindi nota in molta parte del mondo con il nome di morbo di Gehrig, proprio in ricordo della sua vittima più famosa.
La malattia causa un progressivo deterioramento delle cellule nervose, portando alla perdita del controllo dei muscoli volontari e difficoltà respiratorie. Man mano che la malattia avanza diventa più complicata anche la deglutizione, si verificano paralisi e si riduce sensibilmente l’aspettativa di vita. Non esiste una cura per debellare la malattia e le terapie per tenerla a bada sono in genere poco efficaci.
Scienziati e ricercatori non sanno dire di preciso quali siano le cause della SLA, ma un recente studio pubblicato su Nature ha da poco portato nuovi elementi, che potrebbero essere utili per risolvere il mistero. Secondo gli autori della ricerca della Northwestern University (Chicago), un colpevole potrebbe essere un “sistema di pulizia” delle cellule che di solito si occupa di eliminare le proteine che sono danneggiate o male assemblate. Quando il sistema non funziona a dovere, sembra che le proteine si aggreghino fra loro all’interno delle cellule nervose, contribuendo forse alla loro distruzione.
La ricerca della Northwestern ha dato nuova speranza ai ricercatori che da anni si occupano della malattia e ai tanti pazienti che ne sono affetti. Ma come ricorda Amanda Schaffer sul New York Times, è ancora molto presto per cantare vittoria. Ci sono almeno una dozzina di processi che probabilmente contribuiscono a innescare la SLA e a far deteriorare le cellule nervose. I ricercatori stanno per esempio indagando il comportamento degli organuli cellulari che producono energia (i mitocondri), i malfunzionamenti di alcuni neurotrasmettitori e le anomalie che a volte si riscontrano negli assoni, i lunghi filamenti che collegano i nervi con le cellule muscolari e che trasmettono gli impulsi elettrici per far muovere i muscoli.
I ricercatori si stanno occupando di tutti questi aspetti e non è ancora chiaro quale possa essere la strada più promettente. La nuova scoperta sull’accumulo di proteine rimane comunque molto promettente e potrebbe essere la chiave di volta di nuove ricerche sulla SLA. Un passo importante nella ricerca sulla patologia risale ai primi anni Novanta, quando un gruppo di ricerca scoprì alcune mutazioni nel gene SOD1 riconducibili alla malattia. Il problema è che questo tipo di mutazioni sono presenti in un numero molto ridotto di pazienti affetti da SLA.
Si stima che la SLA sia ereditaria solamente nel 5 – 10 per cento dei casi, quando non lo è si manifesta in maniera apparentemente casuale. La scoperta del sistema di pulizia che non funziona per le proteine è un passo avanti importante perché trova un elemento in comune nella malattia sia per le sue forme ereditarie che per le altre. Nei soggetti affetti da SLA ereditaria i ricercatori hanno scoperto alcune mutazioni nel gene che produce una particolare proteina, che si chiama “ubiquilina 2”. Questa si occupa di eliminare e riciclare le altre proteine che si trovano nelle cellule e che sono danneggiate, non più utili o male assemblate. Le autopsie su alcuni pazienti che soffrivano di SLA senza la mutazione del gene hanno messo ugualmente in evidenza la presenza dell’accumulo di proteine.
Intervenendo sulla ubiquilina 2, i ricercatori potrebbero trovare il modo di trattare diversi tipi di SLA. Rimangono comunque molte questioni ancora irrisolte: non si conoscono per esempio le cause che portano la proteina a non funzionare correttamente nei casi di SLA non ereditaria e quanto la ubiquilina 2 contribuisca alla progressione della malattia. Il problema, dicono gli esperti, è che molte delle conoscenze sulla sclerosi derivano da osservazioni e studi condotti durante le autopsie, mostrando gli effetti finali della malattia, ma rendendo difficile la ricostruzione di come tutto è iniziato.
– Luca Sofri: Lou Gehrig, il più grande prima base di tutti i tempi