Come Gheddafi sorvegliava Internet
Il Wall Street Journal ha visitato l'edificio di Tripoli dove si monitoravano telefonate, email e conversazioni online, grazie a software venduti da società occidentali
Tra i molti edifici e uffici del regime libico abbandonati a Tripoli nell’ultima settimana c’è anche quello deputato al controllo delle comunicazioni dei cittadini, un palazzo da sei piani. I corrispondenti del Wall Street Journal lo hanno visitato e oggi raccontano cosa hanno trovato al suo interno. Poster e manifesti in inglese, manuali in inglese. E soprattutto le tracce dei profondi rapporti commerciali che il regime di Gheddafi intratteneva con una serie di società occidentali specializzate nella sorveglianza e nelle intercettazioni delle comunicazioni online. Un file risulta creato il 26 febbraio, a rivolte cominciate, e contiene la trascrizione di una chat tra un uomo e una donna ospitata da Yahoo. I due discutono della Libia, lui ogni tanto sembra un po’ provarci, poi le dice: “Sono ricercato. Le forze di Gheddafi stanno facendo delle liste di nomi”. Le spiega che deve nascondersi e che la chiamerà da un nuovo numero, le chiede di non dire niente a nessuno, poi aggiunge: “Non mi dimenticare”. Di trascrizioni come queste, in quegli uffici, ce ne sono centinaia.
Le rivolte in Nordafrica e Medio Oriente hanno spinto il regime di Gheddafi a fare ampio ricorso a questo genere di intercettazioni, dall’inizio di quest’anno. Tra le società contattate a questo scopo ci sono la Amesys e la Narus, aziende produttrici di software per il monitoraggio e il filtraggio dei contenuti online. L’obiettivo del regime era intercettare le conversazioni via Skype, censurare i video pubblicati su Youtube e impedire agli attivisti libici di usare i server proxy per camuffare la loro presenza online. Alcuni di questi affari non sono mai andati in porto, vedi quello con la Narus. Altri sì. Il centro di monitoraggio di Tripoli era parte di un più grosso apparato di sorveglianza, che la società Amesys nel 2009 aveva equipaggiato con tecnologie in grado di ispezionare in profondità i movimenti di dati online. Altre tecnologie sono state fornite da ZTE Corp., società telefonica cinese. Un’altra società, la sudafricana VASTech SA Pty Ltd, forniva al regime strumenti per intercettare e registrare tutte le telefonate internazionali da e verso la Libia.
Il sistema per la sorveglianza delle email si chiamava Eagle ed era particolarmente tenuto in considerazione nonostante in Libia, su 6,6 milioni di abitanti, solo 100.000 hanno una connessione a Internet. Eagle permetteva agli agenti di entrare nelle caselle di posta elettronica di molti cittadini. Un cartello in una stanza dell’edificio recita così, in inglese: “Mentre molti sistemi di intercettazione online permettono solo di filtrare le comunicazioni da alcuni IP, EAGLE Interception System analizza e immagazzina tutte le comunicazioni di quella particolare fonte”. Sul suo sito Internet, Amesys dice che i suoi sistemi permettono di intercettare email da account di Hotmail, Yahoo e Gmail, leggere conversazioni sui messenger di MSN e AIM.
Tra le persone intercettate, il Wall Street Journal ha scoperto Heba Morayef, ricercatrice e responsabile per la Libia dell’organizzazione non governativa Human Rights Watch, che si trovava in contatto con dissidenti e attivisti anti-regime. Un’altra conversazione mostra le difficoltà di due utenti nel condividere un video contro Gheddafi caricandolo su Internet. Tutte le società di software e tecnologia collegate al regime libico sono state contattate dal Wall Street Journal ma nessuna ha commentato le loro attività e i loro rapporti con Muammar Gheddafi. Rapporti che sono andati avanti quasi fino all’ultimo momento. Ancora il 15 febbraio, durante le manifestazioni antigovernative a Bengasi, un funzionario del regime libico incontrava a Barcellona i dirigenti della società Narus per discutere dell’implementazione di un nuovo sistema di censura e intercettazione.
foto: Trevor Snapp/AFP/Getty Images