Il video della liberazione della prigione di Abu Salim
Due giorni fa è stato liberato il carcere che fu teatro di una delle stragi più famose e sanguinarie del regime di Gheddafi
Un video diffuso attraverso la pagina Facebook dei ribelli libici provenienti da Nalut, una cittadina sulle montagne del Nafusa (a sudovest di Tripoli e vicino al confine con la Tunisia) testimonierebbe la liberazione dei detenuti in una delle carceri più famose del regime di Gheddafi, la prigione di Abu Salim a Tripoli, che è stata raggiunta e conquistata dai ribelli mercoledì 24 agosto.
Il sito del mensile statunitense The Atlantic ha visionato il filmato con un interprete e lo reputa autentico. Il video documenta la liberazione di molti detenuti rompendo i lucchetti delle celle con martelli e altri strumenti. Non compaiono uomini in tuta mimetica né si vedono armi, e negli undici minuti del video non viene sparato un colpo: The Atlantic ipotizza che siano i prigionieri stessi a liberare gli altri detenuti. Ad ogni modo, si fanno frequenti riferimenti ai thuwar, o “rivoluzionari”, il modo in cui i ribelli si autodefiniscono.
La prigione di Abu Salim è uno dei luoghi simbolici della repressione del dissenso durante il regime di Muammar Gheddafi ed è stata spesso oggetto di indagini da parte di organizzazioni per i diritti umani. Al momento della liberazione, nel carcere di Tripoli erano rinchiusi diversi prigionieri politici nonché il giornalista statunitense Matthew VanDyke, proveniente da Baltimora, che era stato catturato vicino a Brega lo scorso febbraio da forze armate fedeli a Gheddafi.
Nel giugno del 1996, nella prigione si verificò una strage che avrebbe visto la morte di 1.200 persone, secondo quanto hanno sostenuto in passato gruppi di opposizione libici. L’episodio divenne uno dei più famosi motivi di protesta contro il regime di Gheddafi, e lo scorso anno il governo bloccò l’accesso a YouTube in tutto il paese dopo che cominciarono a diffondersi video di una manifestazione a Bengasi di familiari delle vittime. Per molti anni la strage venne nascosta: i familiari dei prigionieri morti vennero informati nel 2001 e nel 2002, e solo nel 2004 Gheddafi riconobbe che erano avvenuti episodi violenti nella prigione e che i parenti avevano il diritto di conoscere quello che era successo.
Un’inchiesta di Human Rights Watch riporta la testimonianza di un ex detenuto che lavorava nelle cucine e che fornisce un racconto dell’accaduto. Secondo la sua versione, la strage avvenne dopo una rivolta per avere migliori condizioni di vita e migliore assistenza medica. Le autorità della prigione finsero di essere disponibili a una mediazione e chiesero che venissero nominati quattro rappresentanti dei detenuti, ma dopo aver radunato tutti i prigionieri nei cortili della struttura aprirono il fuoco con armi automatiche e lanciarono granate sulla folla, uccidendo circa tre quarti delle 1.600 persone che ospitava la struttura.
Un bambino osserva le immagini di alcune vittime del massacro di Abu Salim appese a un muro nella capitale dei ribelli, Bengasi.
foto: ODD ANDERSEN/AFP/Getty Images