Chi prende il posto di Steve Jobs
Ritratto di Tim Cook, l'uomo che 13 anni fa ha cambiato il modo di lavorare di Apple
Steve Jobs ha annunciato poche ore fa le sue dimissioni da amministratore delegato (CEO) di Apple, dicendo di non riuscire più a tener fede agli impegni e ai compiti imposti da quel ruolo. Nella sua lettera indirizzata al Consiglio di amministrazione, Jobs ha anche suggerito di affidare la guida della società a Tim Cook, che dall’inizio di quest’anno aveva già iniziato a lavorare come suo sostituto temporaneo. La decisione finale e ufficiale sul nuovo CEO spetterà ai consiglieri di amministrazione ed è estremamente probabile che scelgano di seguire il consiglio di Jobs, dando l’incarico a chi si è occupato della società negli ultimi mesi.
Tim Cook ha cinquant’anni, lavora in Apple dal 1998 e chi lo conosce lo definisce un lavoratore infaticabile. Cresciuto in una piccola città dell’Alabama, Cook è sempre molto garbato e cortese, parla con estrema calma e a differenza di Steve Jobs ha raramente impeti d’ira con i propri collaboratori. È un “gentiluomo del sud” ed è ossessionato dalla possibilità di rendere sempre più efficienti e redditizie le attività all’interno di Apple.
Come spiegava Miguel Helft del New York Times lo scorso gennaio, in un certo senso Cook e Jobs hanno caratteri complementari. Questo particolare ha sicuramente contribuito alla crescita di Apple, diventata una delle aziende più ricche e attive del mondo nel settore tecnologico. Con le dimissioni di Jobs gli equilibri all’interno dell’azienda cambieranno inevitabilmente, obbligando Cook a trovarne di nuovi per mantenere la capacità di prevedere le tenenze e i gusti dei milioni di clienti che acquistano prodotti Apple.
Durante il suo primo incarico all’interno della società nel 1998, Cook passò mesi interi per studiare il modo di migliorare la catena di produzione e distribuzione dei prodotti realizzati da Apple. Meticoloso e attento a mantenere rapporti personali e diretti con i fornitori, Cook teneva costantemente sotto controllo il modo in cui venivano prodotti, assemblati e distribuiti i computer, esigendo standard molto alti.
In quel periodo Apple produceva principalmente computer e li assemblava nei propri stabilimenti in California, Irlanda e Singapore, ma la produzione andava spesso a rilento con conseguenze negative per gli affari. Negli anni seguenti Cook fu uno dei principali artefici nel cambiamento del modo di fare i prodotti Apple: fece chiudere gli stabilimenti e si rivolse ai produttori asiatici per creare lì una nuova catena di produzione. La società adottò in breve tempo il modello “just in time”, sfruttando un sistema più moderno per la gestione delle scorte e utilizzando magazzini in cui i prodotti vengono raccolti per pochissimi giorni prima di essere venduti.
Per mesi Cook si spostò in continuazione tra i vari fornitori in giro per il mondo per stringere contratti, fare nuovi accordi, controllare la produzione e ridurre al minimo gli sprechi. Viveva su un aeroplano, lavorando senza sosta anche durante i vari spostamenti. Fu un periodo estenuante ma ne valse la pena: gli sforzi di Cook contribuirono a fare la differenza e a cambiare le sorti di Apple. Il sistema messo a punto in quegli anni è ancora fondamentale per il successo dell’azienda. Prodotti come l’iPad sono certamente nati grazie all’immaginazione di Jobs e all’esperienza dei suoi collaboratori, ma ci sono volute le capacità gestionali di Cook per trasformare il prodotto in un modello di business che sta fruttando decine di miliardi di dollari.
Oltre ad aver sostituito temporaneamente Steve Jobs dall’inizio dell’anno, Cook in passato aveva già preso il posto dell’ex CEO di Apple. Nel 2009 Jobs aveva deciso di lasciare la società per un semestre per badare ai propri gravi problemi di salute. Il controllo passò in mano a Cook, che nonostante il periodo molto difficile per l’economia globale e l’assenza di una figura carismatica e molto conosciuta come Jobs riuscì a tenere saldamente il comando della società, facendola crescere ulteriormente in Borsa. E Apple aveva già avuto Cook alla sua guida nel 2004, quando aveva sostituito temporaneamente Jobs in malattia.
Cook entrò nel campo informatico sostanzialmente per caso quando era all’università: un responsabile IBM lo contattò e lo convinse a entrare nella società. Lavorò per l’azienda una dozzina di anni facendo rapidamente carriera. Poi, dopo un breve periodo alla Intelligent Electronics, nel 1997 entrò in Compaq, un altro produttore di computer. Appena sei mesi dopo, incontrò Steve Jobs quando era alla ricerca di nuovi dirigenti per la sua società. Molti dissero a Cook che lasciare un posto di prestigio in Compaq era una follia, ma Jobs riuscì a essere molto convincente e nel 1998 ci fu la firma del contratto.
In azienda pare che Cook non sia particolarmente socievole e tenda a mantenere rapporti professionali e non di amicizia con i propri colleghi. Fa molto sport, escursionismo e ciclismo, e si sveglia quasi tutti i giorni alle cinque del mattino per fare un po’ di ginnastica e smaltire da subito le email che si sono accumulate durante le ore di sonno. Lavora molto sodo e a inizio anno aveva messo da parte qualcosa come 156,2 milioni di dollari tra bonus ed emolumenti, cui vanno aggiunte stock option per almeno 140 milioni di dollari.
Da quando lavora in Apple, Cook è una certezza per la stabilità dell’azienda. Ma secondo analisti e osservatori, le sue doti potrebbero non essere sufficienti per compensare l’assenza di Steve Jobs, che negli anni ha legato strettamente la propria immagine a quella dell’azienda. Cook avrà bisogno dell’impegno dei dirigenti che hanno fatto carriera all’interno di Apple seguendo le indicazioni di Jobs e lavorando al suo fianco. Sono persone che negli ultimi anni si sono fatte conoscere, condividendo il palco con Steve Jobs durante la presentazione dei nuovi prodotti della società e dimostrando di avere competenza e determinazione. Cook dovrà gestire una complessa fase di transizione, facendo capire che la società negli ultimi anni ha funzionato come una squadra di uomini al comando, poco evidente perché messa inevitabilmente in ombra dalla figura carismatica di Steve Jobs.