I tecnici del Senato smontano la manovra
Il Servizio di Bilancio ha pubblicato in una nota molti dubbi sulle stime del governo sugli effetti e l'efficacia dei rimedi contro la crisi
In questi giorni si continua a discutere molto della manovra finanziaria di agosto, che è stata varata dal governo sotto forma di decreto legge (il numero 138 del 2011) e che dovrà essere discussa e approvata dal Parlamento nelle prossime settimane. Il Servizio di Bilancio del Senato ha diffuso una “Nota di lettura” sul decreto legislativo: nelle 84 pagine del documento, i tecnici del Senato sollevano diverse perplessità sugli aspetti economici della manovra. Il testo del documento non sembra essere ancora disponibile online, ma le agenzie di stampa ne analizzano ampiamente il contenuto.
Il Servizio del Bilancio è formato da tre uffici e fa parte dell’amministrazione del Senato. Raccoglie tutta la documentazione relativa a testi legislativi che intervengono sulle finanze dello stato e stende relazioni tecniche che ne verificano i contenuti e l’accuratezza. Il servizio supporta l’attività della commissione parlamentare del Senato che si occupa appunto del bilancio, ma le sue relazioni sono disponibili per tutti i parlamentari.
L’esame in Parlamento può comunque modificare anche radicalmente la manovra, ed è molto probabile che lo farà, visto che negli ultimi giorni sono stati messi in discussione buona parte dei suoi punti fondamentali anche da esponenti della maggioranza.
Nella “Nota di lettura”, i punti fondamentali della manovra sono analizzati in modo piuttosto critico. Si mette in dubbio l’efficacia del contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 90.000 euro, perché nel settore privato sono probabili «pratiche elusive» per diminuire il reddito nei tre anni in cui sarà in vigore il contributo: un incentivo all’evasione fiscale, insomma, oppure a non distribuire gli utili per i titolari di imprese.
Anche il modo in cui sono stati previsti gli introiti è messo in discussione: le stime sugli effetti del contributo di solidarietà, ad esempio, sono state fatte sulla base dei dati del 2008, ma nel 2009 il PIL è calato di quasi il 5 per cento rispetto all’anno precedente. Sulla base degli ultimi dati disponibili, dicono i tecnici, si possono prevedere entrate per 2,1 miliardi di euro in tre anni, invece dei 2,8 annunciati nel decreto.
Anche le entrate previste dalla Robin Hood Tax, che interessa le società che producono energia, sarebbero state calcolate in modo errato. Senza contare che lo Stato perderà altri soldi provenienti dalle imposte a causa della caduta del valore delle azioni delle società energetiche che controlla (ad esempio ENI ed ENEL), diminuzione che è già avvenuta nei giorni scorsi dopo l’annuncio dell’introduzione della tassa.
I tagli agli enti locali, poi, non avranno probabilmente l’effetto sperato, per come sono stati concepiti nel decreto del governo: la soppressione delle province, ad esempio, comporterà una «fase di transizione» in cui dovranno essere trasferite le competenze ad altri enti, e questa fase avrà un costo. Così come costi aggiuntivi potranno venire dal «diverso inquadramento economico-giuridico» del personale degli enti soppressi, quando verranno assorbiti in altri enti amministrativi, come ad esempio nelle regioni. Il Servizio di Bilancio fa notare che il governo non ha ancora fornito nessuna stima su costi e benefici dell’abolizione delle province e della diminuzione dei consiglieri e degli assessori nei comuni.
foto: TIZIANA FABI/AFP/Getty Images