I giornalisti intrappolati al Rixos
Le foto dall'albergo di Tripoli dove decine di giornalisti stranieri vivono col giubbotto antiproiettile tra uomini armati
Nella grossa storia della guerra in Libia e dell’assalto a Tripoli, c’è una storia più piccola ma comunque importante e significativa. A Tripoli c’è un albergo di lusso che si chiama Hotel Rixos. Da quando sono cominciate le rivolte e poi la guerra in Libia, l’Hotel Rixos è diventata la base della gran parte dei giornalisti stranieri presenti nella capitale e quindi anche il luogo in cui i funzionari del regime erano soliti tenere conferenze stampa o raccogliere fotografi da portare in giro per la città (ovviamente solo nelle zone saldamente nelle mani di Gheddafi). Col passare dei giorni è diventato chiaro che la presenza dei giornalisti rendeva l’albergo un luogo sicuro per i membri del regime. L’Hotel Rixos è diventato così anche la residenza delle mogli e di alcuni dei figli di Gheddafi, nonché di vari funzionari governativi.
Matthew Price è un giornalista della BBC, si trova all’Hotel Rixos e ha raccontato la situazione. Price ha detto che molte cose negli scorsi giorni avevano lasciato immaginare un imminente precipitare della situazione. I membri del regime e i loro parenti hanno lasciato l’albergo, probabilmente verso luoghi più sicuri. Poi se ne sono andati anche gli interpreti, infine anche i giornalisti della tv di Stato che lavoravano al Rixos dopo che il loro quartier generale era stato bombardato dalla NATO. Sabato i giornalisti hanno sentito gli spari avvicinarsi e hanno saputo di non potere uscire dall’albergo. Hanno indossato elmetti e giubbotti antiproiettili. “A quel punto”, scrive Price, “lo chef dell’albergo è venuto a chiederci se volevamo cenare. E abbiamo cenato, con i nostri giubbotti antiproiettile, gli elmetti al nostro fianco e le esplosioni fuori dalla finestra”.
I soldati del regime hanno posizionato un posto di blocco fuori dall’albergo, isolandolo. In questo momento almeno metà dell’albergo è privo di corrente elettrica. Alcuni giornalisti continuano a collaborare attivamente con le loro testate – uno di questi, il giornalista della CNN Matthew Chance, ha indossato il giubbotto antiproiettile anche nell’ultimo collegamento via Skype con la rete televisiva – mentre altri si limitano ad aggiornare i loro profili su Twitter raccontando la loro situazione. Di fatto, il regime li sta utilizzando come scudi umani, sfruttando la loro presenza per impedire che i ribelli prendano il controllo dell’edificio. Anche dentro l’albergo la situazione non è sicurissima: un gruppo di soldati del regime è ancora dentro, gli uomini sono armati e alcuni sono particolarmente arrabbiati con i giornalisti, che accusano di avere ceduto informazioni ai ribelli.