La manovra e le festività accorpate
Letto il testo della legge, cerchiamo di capire meglio che fine faranno il 25 aprile, l'1 maggio e il 2 giugno
Le anticipazioni sulla manovra diffuse e raccontate dai giornali nel corso della settimana scorsa parlavano di possibili interventi sul fronte dei giorni di festa, da anni oggetto di battute da parte di Berlusconi, che ha lamentato spesso la loro eccessiva frequenza. Qualcosa in effetti nella manovra c’è, come si è letto in questi giorni, ma il meccanismo di accorpamento delle festività non è semplicissimo. Nella manovra si parla di festività al comma 24 dell’articolo 1, che recita:
A decorrere dall’anno 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 30 novembre dell’anno precedente, sono stabilite annualmente le date in cui ricorrono le festività introdotte con legge dello Stato non conseguente ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività dei Santi Patroni in modo tale che, sulla base della più diffusa prassi europea, le stesse cadano il venerdì precedente ovvero il lunedì seguente la prima domenica immediatamente successiva ovvero
coincidano con tale domenica.
Andiamo con ordine. La norma esclude le festività stabilite in base ad accordi con il Vaticano. Restano quindi dove sono le festività di natura eminentemente religiosa, cioè 6 gennaio (Epifania), 15 agosto (Assunzione di Maria Vergine), 1 novembre (Tutti i Santi), 8 dicembre (Immacolata Concezione), 25 dicembre (Natale), nonché naturalmente tutte le domeniche. Restano dove sono anche quelle di natura semi-religiosa, cioè l’1 gennaio (Capodanno e Ottava di Natale), il lunedì dell’Angelo e il 26 dicembre, Santo Stefano. Restano fuori quattro festività, che sono quelle oggetto del decreto: il 25 aprile, festa della Liberazione; il primo maggio, festa del Lavoro; il 2 giugno, festa della Repubblica, e la festa del Santo Patrono città per città, che – eccezion fatta per Roma – non è concordata tra lo Stato e il Vaticano.
Se il comma 24 dell’articolo 1 della manovra verrà approvato dal Parlamento così come scritto dal Consiglio dei ministri – cosa tutt’altro che scontata, viste le molte proteste di amministratori locali e operatori turistici – succederà che ogni anno, entro il 30 novembre, il Parlamento emanerà una legge sulle festività dell’anno successivo e, individuata la domenica successiva a ogni festività, deciderà se tenere le feste in questione il venerdì o il lunedì a questa attaccata, se non la domenica stessa. Di fatto, come accade in molti paesi europei e negli Stati Uniti, queste celebrazioni civili non saranno legate a una data fissa ma cambieranno di anno in anno.
Se la legge fosse già stata in vigore per il 2011 sarebbe successo un qualche casino, perché la domenica successiva alla festa della Liberazione sarebbe stata domenica primo maggio: si sarebbe reso quindi possibile un doppio accorpamento, tenendo nello stesso giorno, una domenica, sia la festa del Lavoro che quella della Liberazione. Nel 2012 le cose potrebbero funzionare così: la festa della Liberazione si potrebbe celebrare il 27, il 29 o il 30 aprile. La festa del Lavoro si potrebbe celebrare il 4, il 6 o il 7 maggio. La festa della Repubblica si potrebbe celebrare l’1, il 3 o il 4 giugno. Per le feste patronali le cose sono più complicate. Tremonti ha spiegato che per i “patroni rilevanti”, tipo San Gennaro a Napoli, si farà un provvedimento ad hoc volto a stabilire la data anno per anno e decidere se lasciarla lì dove viene celebrata adesso. Il ministro Tremonti ha detto che questo provvedimento inciderà sullo 0,1 per cento del PIL.
foto: Marco Merlini / LaPresse