Le contraddizioni del PD sulla crisi
Antonio Polito sul Corriere mette in fila alcune incongruenti posizioni di Bersani sulla crisi, tentando di spiegarle
Ci sono numerose contraddizioni nella reazione del Pd al precipitare degli eventi. Aveva contestato al governo il rinvio delle misure impopolari a dopo le prossime elezioni, ma ora sembra opporsi al loro anticipo; chiede un governo tecnico guidato da un’«alta personalità dotata di credibilità in Europa», ma definisce «massacro sociale» ciò che qualsiasi governo tecnico farebbe col suo sostegno. Il Pd si era fatto giustamente paladino della disciplina di bilancio contro un Berlusconi che appena un mese fa pensava di tagliare le tasse, ma ora è contrario all’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio. Il partito di Bersani sembra disorientato dagli obblighi imposti a Roma dalla Bce, con una lettera che pure porta la firma di Mario Draghi, fino a ieri premier in pectore della sinistra. E questo è sorprendente per una forza politica che ha nel suo dna un europeismo a volte perfino fideistico, e che vanta come padri nobili europeisti del calibro di Beniamino Andreatta, Giorgio Napolitano e Romano Prodi.
Il problema è che il Pd non ha ancora detto quali misure proponga per rispettare i vincoli quantitativi e temporali richiesti dall’Europa, e cioè almeno 20 miliardi di euro di risparmi aggiuntivi entro la fine di settembre. Vedremo se, com’è sperabile, lo farà oggi in Parlamento presentando proposte circostanziate e dettagliate. Ma le ipotesi fin qui evocate sono o largamente insufficienti dal punto di vista dei numeri, come la tassazione delle rendite finanziarie; o poco credibili, come le liberalizzazioni, da parte di un partito che ha appena fatto campagna per il sì al referendum sull’acqua. Il Pd si oppone a manovre sull’assistenza e la previdenza, per non «far pagare alla povera gente» come dice Bersani: ma non indica neanche misure alternative di pari valore, per esempio sul patrimonio dei privati e dello Stato.