Il risveglio di Tel Aviv
Il governo israeliano è costretto a fare i conti con la rinascita della sinistra laica, scrive il Wall Street Journal: intanto i dimostranti hanno presentato i loro sei punti
Dopo le proteste dello scorso weekend il governo israeliano è ora costretto a fare i conti con l’improvvisa rinascita di una parte della società che da anni non faceva sentire così forte la sua voce nella politica nazionale. Oltre trecentomila persone hanno sfilato per le strade di Tel Aviv e Gerusalemme sabato sera per protestare contro il costo della vita e chiedere maggiore giustizia sociale. Oggi i leader della protesta hanno presentato un documento che elenca i principi alla base delle loro richieste di riforma politica ed economica: «Per alcuni decenni i vari governi di Israele hanno scelto una politica economica di privatizzazioni che ha lasciato il libero mercato senza controlli», si legge all’inizio del testo. «Questa politica è diventata la nostra esistenza quotidiana, una guerra per la sopravvivenza».
Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha promesso la formazione di una commissione di esperti che studi nuove misure economiche da prendere, ma è difficile pensare che il suo governo riuscirà davvero a soddisfare le richieste dei manifestanti. La sua coalizione non può andare avanti senza l’appoggio dell’estrema destra, che non vuole cedere a nessuna delle istanze della protesta. E lo stesso Netanyahu non sarà disposto più di tanto a rinnegare il credo liberista che ha sempre contraddistinto la sua politica economica. Inoltre, negli ultimi dieci anni, i partiti della sinistra israeliana sono stati decimati alle varie elezioni a causa del collasso del processo di pace e al momento non rappresentano un’opposizione pericolosa.
Resta comunque la necessità di dare una risposta almeno formale a una protesta che altrimenti rischierebbe soltanto di indebolire l’immagine del governo. Come ha scritto l’editorialista Nachum Barnea sul quotidiano Yedioth Ahronoth: «La sensazione generale è che il governo sia troppo distante dalle difficoltà dei cittadini, abbia fallito nel garantire servizi adeguati e abbia seguito la strada sbagliata nella distribuzione dei privilegi. Netanyahu e i suoi ministri non potranno più ignorare questa protesta. Non perché pensino che sia giustificata, ma perché riflette una forza che minaccia il loro potere». I manifestanti hanno elencato nel loro documento sei principi come base di una futura alleanza tra lo stato e i cittadini: maggiore coesione sociale; riforma del sistema economico; costo della vita più basso e maggiore controllo dei prezzi; maggiore attenzione alle periferie urbane; più sostegno alle fasce deboli, soprattutto ai portatori di handicap, gli anziani e i malati; più investimenti nei settori di educazione, sanità e sicurezza e più investimenti nel mercato immobiliare e nelle infrastrutture pubbliche.
I leader della protesta, spiega il Wall Street Journal, sono riusciti a coinvolgere un numero così elevato di persone perché si sono concentrati esclusivamente sui problemi socio-economici, lasciando da parte la questione palestinese. Mai prima d’ora nella storia della sinistra israeliana era stata percorsa una scelta del genere. «Hanno capito che se vogliono che le loro richieste siano prese in considerazione da tutta la società israeliana devono abbandonare la retorica delle divisioni tra destra e sinistra sul processo di pace», ha detto Sam Lehman Wilzig, professore di scienze politiche alla Bar Ilan University.
È un risveglio improvviso di una parte della società che era rimasta tagliata fuori dalla scena politica per oltre dieci anni, spiega l’Atlantic. L’apatia che aveva avvolto la componente laica della società dopo la disillusione seguita al collasso del processo di pace, alla seconda Intifada, alla guerra in Libano del 2006 e a quella di Gaza del 2008-2009 si era trasformata nel solo desiderio di fuggire dai conflitti quotidiani e aveva progressivamente formato la cosiddetta bolla di Tel Aviv, la bolla di una società impegnata soltanto nel perseguimento del proprio benessere lontano dai problemi della politica. Ma ora la vitalità di questa protesta lascia credere che un nuovo movimento stia emergendo. Nella sua essenza, conclude l’Atlantic, Tel Aviv è ora un potente mix di goia di vivere e attivismo politico. È una combinazione che ha spontaneamente galvanizzato un’intera generazione di israeliani e si sta presentando come una forza di cambiamento del paradigma sociale e politico che ha dominato lo stato ebraico negli ultimi dieci anni.