Al-Shabaab si è ritirata da Mogadiscio
Le milizie islamiste che vessano la Somalia dal 2006 stanno vivendo divisioni interne, il governo somalo esulta
di Elena Favilli
Le milizie di al-Shabaab si sono ritirate dalla capitale della Somalia, Mogadiscio, lasciando l’intera città sotto il controllo del governo per la prima volta dopo anni di vessazioni e violenza. I testimoni hanno raccontato di avere visto camion carichi di combattenti islamici pesantemente armati che si dirigevano verso sud. Militari governativi hanno perlustrato e occupato le basi abbandonate. «Abbiamo sognato questo giorno per anni», ha detto il nuovo primo ministro somalo Abdiweli Mohamed Ali. Il governo spera che ora sarà più facile far arrivare gli aiuti umanitari nelle zone più colpite dalla carestia degli ultimi mesi.
A fine luglio le Nazioni Unite hanno dichiarato ufficialmente che l’area meridionale della Somalia è colpita da una grave carestia dovuta a un periodo di intensa siccità, che non interessava così duramente il paese da almeno sessant’anni. La situazione è diventata ancora più drammatica a causa della presenza dei gruppi armati di al-Shabaab, che non davano sufficienti garanzie di sicurezza né per le istituzioni internazionali né per le associazioni non governative. Il gruppo insurrezionale islamista Al-Shabaab, da tempo in lotta per rovesciare il governo somalo, controlla diversi territori della Somalia e nel 2009 aveva imposto un blocco agli aiuti umanitari provenienti dall’estero.
Secondo il New York Times, la ritirata di al-Shabaab è da imputare alle sue divisioni interne. Il gruppo sarebbe infatti spaccato tra un’ala più nazionalista, che vorrebbe concentrarsi soltanto sull’imposizione della legge islamica in Somalia, e un’ala più internazionale, che vorrebbe invece promuovere il jihad. Nelle ultime settimane ulteriori divisioni sarebbero sorte proprio sulla scelta di impedire o meno che le organizzazioni umanitarie portassero i loro aiuti alle vittime della carestia. Finora le milizie hanno cercato di impedire che gli abitanti dei loro territori scappassero per rifugiarsi nei campi profughi in cui arrivano gli aiuti e li hanno costretti a stare dentro un campo a circa 50 chilometri da Mogadiscio, che di fatto è diventato un campo di prigionia.
La leadership di Al-Shabaab è emersa dall’Unione delle Corti Islamiche, una rete di gruppi islamici che all’inizio del 2006 prese il controllo di Mogadiscio con il sostegno della popolazione, stremata dalle violenze dei “signori della guerra”. L’Unione delle Corti Islamiche riuscì in un primo momento a ripristinare alcuni servizi di base, tra cui scuole e ospedali, e conquistò ulteriormente il sostegno della popolazione locale. Ma l’apice della popolarità fu raggiunto alla fine del 2006, quando le truppe dell’esercito etiope – su forte pressione dell’amministrazione Bush – invasero la Somalia con l’obiettivo di espellere dal paese i gruppi islamici radicali. A quel punto al-Shabaab e alcuni altri gruppi di fondamentalisti iniziarono a essere considerati eroi che combattevano per la libertà del popolo somalo.
Quando l’esercito etiope si ritirò definitivamente dalla Somalia nel 2009, le varie fazioni delle corti islamiche iniziarono a lottare tra di loro per la spartizione del potere. E la linea fondamentalista prevalse. Da allora al-Shabaab ha iniziato a terrorizzare la popolazione locale nel tentativo di ripristinare uno stato islamico radicale: lapidazioni, amputazioni di arti, censura di programmi televisivi e anche di alcuni indumenti come il reggiseno. E poi molti attentati suicidi, come quello del 2010 in Uganda, con tecniche molto simili a quelle di al-Qaida. Alcuni testimoni che hanno assistito al ritiro di sabato da Mogadiscio temono che non sia destinato a durare. Anche nel 2006 al-Shabaab aveva portato a sud tutte le sue truppe, ma poi era tornata ancora più forte. Il portavoce del gruppo, Ali Mohamud Rage, ha detto che il ritiro da Mogadiscio è solo una scelta strategica e che al-Shabaab continuerà a mantenere il controllo su altre parti del paese.
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