Obama ha perso?
La stampa statunitense è praticamente unanime nel considerare l'accordo sul debito una vittoria dei tea party e dei loro ricatti
Stando a quello che sappiamo e salvo sorprese, nelle prossime ore il Congresso degli Stati Uniti approverà la legge che alzerà il tetto del debito pubblico, permettendo al paese di non andare incontro a un default. La legge in questione, frutto di un’estenuante trattativa tra democratici, repubblicani e Casa Bianca, taglia inoltre la spesa pubblica per 2,4 migliaia di miliardi di dollari e lo fa senza introdurre nuove tasse, nemmeno ai super-ricchi che beneficiano degli sgravi fiscali introdotti dall’amministrazione Bush.
La trattativa in queste settimane è stata sbilenca: se da una parte i democratici spingevano per evitare il default, dichiarandosi quindi pronti al compromesso, dall’altra parte molti tra i repubblicani dicevano chiaramente di non avere problemi a far arrivare il paese alla bancarotta se non fossero state accolte le loro richieste. Questo ha provocato un corposo slittamento a destra della manovra, ricattando i democratici e lasciando Obama quasi del tutto impotente. L’unica cosa che forse avrebbe potuto fare – o minacciare – era decidere di alzare il tetto del debito unilateralmente, d’imperio, sulla base di un’interpretazione del 14esimo emendamento della Costituzione. Sul quale però non tutti i giuristi sono d’accordo, e generando un precedente che sarebbe poi dovuto passare al vaglio della Corte Suprema. Fatto sta che oggi la stampa statunitense è unanime nel definire l’accordo sul tetto del debito una vittoria dei tea party e un pericoloso precedente. E molti ne attribuiscono le responsabilità proprio a Barack Obama.
L’editoriale del Wall Street Journal si intitola “Un trionfo dei tea party”. Dice che “se un buon compromesso politico si riconosce dal fatto di aver per tutte le parti qualcosa di indigesto, allora quello sul teto del debito è un trionfo”, ma ammette che l’accordo “è una vittoria per chi crede in una minore presenza e influenza del governo”. Il Daily Beast usa lo stesso titolo del Wall Street Journal, a fronte di un orientamento solitamente molto diverso, e spiega che “i deputati repubblicani neoeletti sono rimasti immobili, opponendosi a qualsiasi nuova tassa, dettando i termini del dibattito e ottenendo una vittoria storica. La loro intransigenza ha portato la nazione sull’orlo del precipizio, e oggi molti democratici si sentono vittima di un’estorsione”.
In molti in questi giorni sui giornali americani hanno detto che quelle dei democratici non sono state “concessioni” ma un vero e proprio “riscatto”, pagato a una parte politica disposta a mandare la nazione in bancarotta pur di ottenere i suoi scopi e non venire ad alcun compromesso. E quindi il tema è anche cosa succederà da adesso in poi, visto che questa strategia ha permesso all’estrema destra di conseguire una gran vittoria. L’editoriale del New York Times definisce l’accordo “terribile” e mostra una certa preoccupazione.
Il presidente Obama avrebbe potuto essere più deciso nelle trattative con i repubblicani, magari minacciando l’uso dei suo poteri costituzionali per ignorare il tetto del debito o alzarlo da solo a fronte dell’inefficacia del Congresso. Ma quello che questo episodio ci insegna è l’efficacia dei ricatti. Le persone ragionevoli sono costrette a cedere davanti a chi è pronto a mettere in pericolo l’interesse nazionale.
Il Washington Post ha messo Obama tra i vincenti di questa partita, per avere alzato il tetto del debito fino a oltre le elezioni presidenziali del 2012 e perché questo genere di compromessi piace agli elettori indipendenti, e pazienza se quelli di sinistra si arrabbieranno. Altri commentatori, però, sono ben più severi.
Paul Krugman, columnist del New York Times e massimo esponente della corrente liberal dei democratici, da giorni scrive cose molto critiche nei confronti di Obama, che ha definito persino “un repubblicano moderato”. Oggi scrive che l’accordo è “un disastro” e “una catastrofe” su molteplici livelli, da quello economico a quello politico, e che Obama è colpevole di non essere stato abbastanza forte, di avere ceduto ai ricatti dell’estrema destra.
Aveva alternative, il Presidente? Sì. Prima di tutto poteva e doveva chiedere un rialzo del tetto a dicembre, durante le discussioni sul budget. Interpellato sul perché non lo ha fatto, Obama ha risposto che aveva fiducia in un comportamento responsabile da parte dei repubblicani. Grande decisione. Inoltre, durante questa trattativa, l’amministrazione doveva cercare espedienti legali per aggirare il tetto del debito. In altre circostanze sarebbe stata una forzatura, ma a fronte di quanto stava accadendo, a fronte del brutale ricatto posto dai repubblicani, sarebbe stata una mossa giustificata. Quanto meno poteva minacciare di fare da sé, per rafforzare la sua posizione contrattuale. Invece ha escluso tutte queste opzioni sin dall’inizio.
– Guida alla faccenda del tetto del debito negli Stati Uniti
foto: JEWEL SAMAD/AFP/Getty Images