Il mistero della morte di Abdel Younis
Il generale dei ribelli libici è stato ucciso ieri sera: era stato appena richiamato dal fronte per essere accusato di spionaggio
Ieri sera il generale a capo delle forze ribelli libiche, Abdel Fatah Younis, è stato ucciso insieme a due delle sue guardie. La notizia è stata data in una conferenza stampa dal capo del Consiglio Nazionale Transitorio di Bengasi, Mustafa Abdel Jalil, che ha accusato dell’omicidio un gruppo vicino a Gheddafi: «Il generale Younis è stato assassinato da una banda armata di Gheddafi, uno degli assassini è già stato arrestato». L’omicidio è avvenuto poco prima che iniziasse l’interrogatorio a cui Younis era stato costretto dai ribelli perché sospettato di spionaggio, generando sospetti e dubbi su quel che sia accaduto. Da tempo alcune delle tribù che fanno parte del governo di Bengasi avevano messo in discussione la sua fedeltà alla rivolta contro il regime e ieri era arrivato il richiamo ufficiale dal fronte per farlo interrogare da una commissione di giudici di Bengasi. I membri della sua tribù hanno manifestato la loro rabbia alla notizia della sua morte sparando colpi di arma da fuoco per strada. Alcuni di loro sospettano che il CNT sia coinvolto nel suo omicidio.
Younis era stato a lungo uno degli ufficiali più fedeli a Gheddafi e la televisione di stato libica aveva più volte cercato di creare problemi al governo dei ribelli sostenendo che il generale fosse ancora alleato con il regime. In un’intervista dello scorso aprile, anche la figlia di Gheddafi, Aisha, lasciò intendere che il generale Younis era sempre stato dalla parte di suo padre. Le circostanze della morte di Younis sono ancora molto confuse, scrive il New York Times, e hanno sollevato molti sospetti su un possibile coinvolgimento del governo di Bengasi. Jalil ha detto che con lui sono morti altri due ufficiali ma che i loro corpi non sono ancora stati ritrovati, sollevando molti dubbi sulla veridicità della notizia. E ha tradito molta preoccupazione sui sentimenti della tribù di appartenenza del generale, la tribù Obeidi, chiedendo più volte rispetto per il per il prezzo che ha pagato e per la loro «profonda e forte comprensione». Alcuni uomini della tribù Obeidi erano seduti accanto a lui durante la conferenza stampa.
Poco dopo l’annuncio, un pick up con a bordo diversi membri della tribù Obeidi è arrivato davanti all’hotel in cui si era appena conclusa la conferenza stampa e ha iniziato a sparare colpi di kalashnikov contro le finestre dell’albergo. Uno di loro è corso con il suo fucile puntato verso l’ingresso dell’hotel e due testimoni hanno raccontato di avere sentito colpi d’arma da fuoco sparati all’interno. Altri si sono scagliati contro un giornalista che era appena uscito dalla conferenza stampa minacciandolo, mentre una rissa scoppiava tra le guardie di sicurezza dell’hotel e gli altri rimasti a bordo della macchina. «Ce lo aspettavamo», ha detto al NYT una delle guardie dell’hotel «sono la tribù più numerosa e controllano buona parte dell’est». L’episodio potrebbe minare seriamente l’unità del movimento dei ribelli, spiega il New York Times, rendendo più facile per il regime di Gheddafi sostenere che la rivolta è solo una guerra tribale tra est e ovest del paese.