Niente nuova Ikea a Torino?
La Provincia non ha concesso il terreno per un secondo negozio, e si discute su regole e posti di lavoro
La Stampa oggi riflette sulle conseguenze della scelta della Provincia di Torino di non concedere a Ikea l’edificabilità di un terreno agricolo per la costruzione del suo secondo negozio torinese.
Cinque anni di lavoro, sei conferenze dei servizi, riunioni con amministratori, urbanisti, politici, associazioni e poi, nulla, tutto in fumo. Il no della Provincia di Torino blocca la nascita del secondo store torinese di Ikea, 160.000 metri quadri di punto vendita, verde pubblico e oneri di urbanizzazione tra i comuni di La Loggia e Moncalieri.
«Sono terreni agricoli – dice la Provincia – Non possiamo consumare altro suolo». Al massimo ci sono altre aree, industriali e commerciali, si può vedere laggiù. Ma il colosso svedese non ha alcuna intenzione di rinunciare a un progetto che è già costato, senza ancora poter mettere una pietra, un milione di euro. «Piuttosto rinunciamo all’investimento» dicono da Ikea che, da multinazionale, si era fatta due calcoli scegliendo aree agricole perché costano meno.
Ma così si perdono di colpo un investimento di 60 milioni, 250 posti di lavoro e un pezzo di fiducia degli investitori internazionali che vedono nell’Italia un Paese sempre più difficile sul quale scommettere. In Slovenia, i terreni quasi li regalano. Negli Stati Uniti, anche. E i tempi sono molto, molto più brevi. Qui, invece, la burocrazia t’impegna per quattro anni e alla fine, magari, ti dice «no, grazie, arrivederci». Come successo proprio a Ikea poco tempo fa, insediamento di Vecchiano vicino a Pisa: quattro anni di lavoro e alla fine tutto è sfumato. O come a Padova: nove anni per aprire.
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