Come funziona la polizia in Norvegia
Gli agenti di norma non portano armi e in molti si chiedono se la loro risposta agli attacchi potesse essere più tempestiva
Trond Bernsten era un agente di polizia, aveva 51 anni e venerdì scorso è stato ucciso a Utøya dall’estremista di destra Anders Behring Breivik insieme ad altre 67 persone, sull’isola per partecipare al campo estivo dei giovani laburisti della Norvegia. Bernsten aveva lavorato per anni alla sicurezza dell’isola e chi si sta occupando delle indagini sugli attacchi sta anche cercando di capire se l’uomo abbia cercato in qualche modo di fermare Breivik, prima di essere ucciso. Come buona parte dei suoi colleghi, l’agente di polizia non era armato e probabilmente non ha potuto fare molto contro l’attentatore, equipaggiato con diverse armi e molte munizioni.
In Norvegia gli agenti di polizia di norma non vanno in giro armati: possono portare una pistola con sé solamente se ricevono l’autorizzazione da parte di un loro superiore e fino a qualche tempo fa i poliziotti che ne facevano richiesta erano pochissimi. Il progressivo aumento della criminalità negli ultimi anni ha modificato almeno in parte questa tendenza, spingendo un maggior numero di agenti a fare domanda per un’arma. Ora, in seguito agli attacchi a Oslo e a Utøya, nel paese si è aperto un ampio dibattito sulla preparazione degli agenti di polizia ad affrontare i criminali e sul loro equipaggiamento.
Le forze speciali della polizia hanno impiegato più di un’ora prima di raggiungere la zona di Utøya dopo le chiamate di emergenza. Per arrivare sull’isola, gli agenti hanno dovuto guidare i loro mezzi fino alla riva e coprire poi con barche e battelli le ultime centinaia di metri verso l’isolotto. L’operazione ha richiesto tempo, forse più del previsto, e l’elicottero della polizia non ha trovato un luogo adatto per atterrare su Utøya. «L’attentatore ha ucciso in media una persona ogni minuto. Se la polizia fosse riuscita a intervenire mezz’ora prima, forse si sarebbero potute salvare una trentina di vite», ha spiegato alla BBC l’ex ministro della giustizia Anne Holt.
Molto probabilmente in un’ora Breivik ha sparato più colpi di quanti non ne spari un agente di polizia norvegese nel corso della propria intera carriera, dice il New York Times. La Norvegia è nota per avere un tasso di criminalità molto basso, un punto di orgoglio per i suoi abitanti. Gli omicidi si guadagnano quasi sempre le prime pagine di tutti i giornali a testimonianza di quanto siano rari. Nel 2009, per esempio, nell’intero paese di 4,9 milioni di abitanti ci sono stati 29 omicidi. E a Oslo i problemi di sicurezza sono molto rari: politici e uomini di governo girano spesso per la città senza scorta e vengono avvicinati dai cittadini che vogliono scambiare quattro chiacchiere, dare un’opinione o un consiglio, senza particolari problemi.
Vedere ora poliziotti armati fino ai denti davanti ai palazzi governativi, nella zona dove è esplosa la bomba che ha ucciso otto persone, fa uno strano effetto per chi vive nella capitale. La loro presenza diventerà probabilmente la norma, anche se nel paese il dibattito su come rafforzare le misure di sicurezza è appena iniziato. Insieme all’Islanda e alla Gran Bretagna, la Norvegia è uno dei pochi paesi nell’Europa occidentale che non ha una forza di polizia completamente armata. In Svezia gli agenti girano armati solamente da metà anni Sessanta.
Negli ultimi anni in Norvegia le cose sono comunque cambiate a causa dell’aumento di alcuni crimini come lo stupro e le rapine. Il numero di omicidi, invece, è rimasto sostanzialmente invariato e fino a venerdì scorso era impensabile che potesse accadere qualcosa come l’attacco omicida e sistematico di Breivik. Secondo diversi esperti di sicurezza, la scelta di armare tutti gli agenti di polizia potrebbe portare a un aumento della criminalità in risposta all’inasprimento dei controlli, e delle modalità di difesa.