Il caso Strauss-Kahn continua
La giornalista e scrittrice francese che lo accusa di molestie potrebbe unire le forze con la cameriera del Sofitel di New York
L’avvocato della cameriera del Sofitel di New York che ha accusato Dominique Strauss-Kahn di violenza sessuale si è incontrato con l’avvocato della giornalista e scrittrice francese Tristane Banon, che a sua volta sostiene di essere stata molestata da Strauss-Kahn nel 2002. Non si sa ufficialmente quale sia stato il motivo dell’incontro, ma secondo il Guardian potrebbe indicare che le due parti stanno pensando di portare avanti un’azione legale comune.
Tristane Banon sostiene di essere stata aggredita da Strauss-Kahn durante un’intervista in un appartamento di Parigi. Secondo la sua versione, Strauss-Kahn le avrebbe chiesto di tenergli la mano durante l’intervista e avrebbe poi cercato di slacciarle il reggiseno e i pantaloni. In un primo momento il suo avvocato aveva detto che l’azione legale era stata intrapresa soltanto adesso perché la sua assistita voleva evitare che il caso potesse essere «strumentalizzato dalla giustizia americana». Nei giorni scorsi la madre della giornalista, che nel 2002 aveva convinto la figlia a non denunciare Strauss-Kahn, ha rivelato che anche lei avrebbe avuto un rapporto sessuale «consensuale ma violento» con Strauss Kahn, che l’avrebbe trattata «con la brutalità di un soldato».
Dominique Strauss-Kahn non è più agli arresti domiciliari dallo scorso primo luglio, quando il giudice Michael J. Obus ha deciso di rimetterlo in libertà e restituirgli la cauzione dopo avere verificato profonde incongruenze nel racconto della cameriera del Sofitel. La donna avrebbe innanzitutto mentito sulla sua residenza e sul suo lavoro. Aveva sempre sostenuto infatti che quello del Sofitel fosse la sua unica attività, mentre alcuni accertamenti hanno dimostrato che dal novembre 2010 al febbraio 2011 ha lavorato anche per un’azienda che vende servizi di internet e telefonia mobile. Aveva inoltre raccontato di essere stata stuprata anche in passato quando si trovava nel suo paese di origine, la Guinea, ma anche questa affermazione sembrerebbe falsa. Il suo avvocato, Kenneth Thomson, si è giustificato dicendo che la donna aveva voluto enfatizzare la brutalità del trattamento subito dalle autorità della Guinea per ottenere asilo negli Stati Uniti.
La cameriera aveva inoltre ammesso di avere usato il suo secondo telefono cellulare per chiamare un uomo al momento detenuto in un carcere dell’Arizona per traffico di marijuana. Durante una delle loro conversazioni telefoniche intercettate dalla polizia, la donna avrebbe detto all’uomo di stare cercando di ottenere un sacco di soldi in seguito all’assalto di DSK. Le autorità al momento starebbero anche investigando i giri di denaro collegati a un conto a suo nome. A quanto pare il conto avrebbe ricevuto decine di migliaia di dollari da diversi uomini residenti in diversi stati. La donna si è giustificata dicendo che aveva dato accesso al suo conto all’uomo al momento in carcere in Arizona e che non sa se sia stato usato per affari illeciti.
Il district attorney Joan Iluzzi-Orbon, una dei procuratori che si è occupata del caso, ha detto che l’affidabilità e la credibilità della testimonianza della donna potrebbero ormai essere compromesse. Questo non rende di per sé impossibile che si arrivi a un processo, ma richiede agli inquirenti un surplus di fondatezza nelle prove a sostegno dell’eventuale reato: mentre invece gli investigatori avrebbero cominciato a chiedersi se un reato si sia davvero consumato e se il racconto della cameriera non sia inattendibile anche su quello e abbia maggior credibilità la versione della difesa sull’atto consensuale. Secondo il Wall Street Journal è improbabile che a questo punto i procuratori decidano di andare fino in fondo. “Non portiamo un caso a processo se non pensiamo di poter provare il reato al di là di ogni ragionevole dubbio”, ha detto il procuratore Daniel Alonso.