L’abborracciata proposta Calderoli
«Evidentemente Calderoli ormai ci ha preso gusto»
Il costituzionalista Michele Ainis analizza oggi sul Corriere la proposta di riforma costituzionale presentata ieri dal governo (tirata fuori dal cappello, sarebbe più esatto dire).
Ora finalmente lo sappiamo: è colpa della Costituzione. Se non si fossero messi per traverso quei nostri perfidi nonnetti del 1947, la bulimia della politica sarebbe già stata guarita da un bel pezzo. E allora via con la riforma, scrivendo nella Carta che l’indennità parlamentare è legata alle presenze. E perché, non basta dirlo in una legge? Anzi: non è già sufficiente che lo decidano gli uffici di presidenza di Camera e Senato? Eppure è a loro che spetta determinare la misura della diaria, al pari dell’indennità mensile: legge n. 1261 del 1965. Coraggio, usate un po’ le forbici. Ce le avete già, non serve acquistarle in un emporio costituzionale.
E magari provate anche a correggere qualcuno degli eccessi che ieri elencavano Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella, dalla settimana corta (quest’anno a Montecitorio 2 soli venerdì lavorativi su 28) ai rimborsi elettorali (cresciuti in un decennio 26 volte in più degli stipendi pubblici). No, messa così questa riforma è uno specchietto per le allodole. Ma lo specchietto può accecarci tutti, perché la bozza Calderoli abbozza nientepopodimeno che uno Stato tutto nuovo. Come nell’estate del 2003, ai tempi della bozza di Lorenzago; anche quella vergata di suo pugno dal ministro, sia pure in compagnia di tre signori. Poi, nel 2006, gli italiani la gettarono nel cesto dei rifiuti: e fecero bene, non foss’altro perché le riforme costituzionali nascono da un afflato collettivo, non dal genio di Aladino. Ma evidentemente Calderoli ormai ci ha preso gusto.
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