I carri armati tedeschi venduti all’Arabia Saudita
Sono 200 e l'accordo segna una nuova fase nel commercio di armi della Germania, il terzo più grande esportatore al mondo
Agli inizi di luglio il Consiglio Federale per la Sicurezza tedesco (Bundessicherheitsrat, un organo interministeriale formato da nove membri che coordina e controlla le politiche di sicurezza tedesche) ha approvato un piano per la vendita all’Arabia Saudita di circa 200 unità del modello più moderno del carro armato Leopard, la versione 2A7+. Il piano, del valore di circa due miliardi di euro, è stato reso pubblico dal quotidiano tedesco Spiegel, nonostante le riunioni del Consiglio Federale siano segrete.
La Germania aveva rifiutato in passato di vendere carri armati all’Arabia Saudita poiché quegli armamenti avrebbero minacciato la sicurezza dello stato di Israele. Ora l’esercito israeliano non ritiene più i carri armati sauditi una minaccia, e la motivazione è venuta a cadere.
Ma l’accordo rappresenta anche un forte cambiamento rispetto alla politica di vendita delle armi adottata dallo stato tedesco. Come spiega lo Spiegel, in futuro l’esercito federale avrà bisogno di meno armi, con il passaggio ad un esercito di volontari e la riduzione dell’organico: i governi tedeschi degli ultimi dieci anni, sia di destra che di sinistra, stanno quindi spingendo per aumentare le esportazioni nel settore militare. Nello stesso periodo in cui si approvava il piano con l’Arabia Saudita, il governo Merkel stringeva anche i primi accordi per un’altra vendita, del valore di circa 10 miliardi di euro, con l’autoritario governo algerino, a cui la Germania dovrebbe fornire navi, veicoli corazzati e sistemi per la sicurezza dei confini. Secondo lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), tra il 1998 e il 2009 la Germania è passata dal quinto al terzo posto nella classifica dei maggiori esportatori di armi del mondo, preceduta solo da Stati Uniti e Russia e con quasi il 10% del mercato.
La decisione ha causato fortissime critiche al governo da parte delle opposizioni politiche, ma soprattutto da molti membri dei partiti della coalizione di maggioranza, che si sono detti completamente all’oscuro dell’accordo. Esponenti dei liberaldemocratici tedeschi (FDP) hanno chiesto spiegazioni al loro compagno di partito e impopolare ministro degli esteri Guido Westerwelle, che ha preferito non fare alcun commento e nascondersi dietro la segretezza della riunione interministeriale. Dal punto di vista politico, Westerwelle ne esce ulteriormente danneggiato, dato che, almeno a parole, ha sempre sostenuto con forza le politiche di disarmo e la difesa dei diritti umani.
Come fa notare l’Economist, le direttive tedesche per il commercio delle armi sono particolarmente “benintenzionate”: il compratore non può essere coinvolto in conflitti armati, il suo rispetto dei diritti umani deve essere tenuto molto in conto, mentre non bisogna considerare come un fattore decisivo la possibilità di creare posti di lavoro. Ma l’accordo con l’Arabia Saudita segna l’inizio di una nuova fase, che avvicina molto di più la Germania ad altri paesi europei assai poco schizzinosi quando si tratta di vendere armi (come ad esempio la Francia). Questa politica di “demoralizzazione”, come la chiama il settimanale britannico, è però in contraddizione con il forte sostegno del governo tedesco alle rivolte arabe degli ultimi mesi: è stato proprio l’esercito saudita ad aiutare il governo del Bahrein a sopprimere violentemente le proteste nel paese vicino.
foto: AP Photo/Nikolas Giakoumidis