Le centrifughe di Kevin Costner
La BP spese 16 milioni di dollari per un sistema di separazione del petrolio dall'acqua che aveva fallito nei test, ma era promosso da un attore famoso
A oltre un anno dall’esplosione della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, che portò a una enorme perdita di petrolio nel Golfo al largo delle coste dalla Louisiana, si torna a parlare dell’acquisto da parte della BP di alcuni macchinari per separare il petrolio dall’acqua realizzati da una società dell’attore Kevin Costner. L’attore aveva presentato i propri dispositivi lo scorso anno, sostenendo la necessità di utilizzarli nelle acque contaminate per ripulirle rapidamente, e la storia aveva avuto un’estesa diffusione.
La scelta della BP, la società proprietaria della piattaforma esplosa e responsabile della pulizia della zona, era caduta sulla società di Costner tra le oltre 123mila proposte ricevute per risolvere la crisi. Suzanne Goldenberg scrive adesso sul Guardian che la BP spese 16 milioni di dollari per il macchinario di Costner lo scorso anno, anche se il sistema aveva fallito miseramente nel corso dei primi test condotti sul campo. All’epoca molti esperti avevano dichiarato che il sistema proposto dall’attore non era efficace e che difficilmente avrebbe potuto funzionare.
Il dispositivo era una sorta di centrifuga, progettata per far passare velocemente l’acqua contaminata attraverso un cilindro, dove sarebbe avvenuta la separazione degli elementi contaminanti. Il petrolio disperso nel Golfo era però molto denso e viscoso e metteva rapidamente fuori uso la centrifuga intasandola. Il sistema, dissero gli esperti, non era nemmeno una grande novità nel settore e ricordava altre centrifughe già realizzate per scopi simili.
Nonostante le critiche, Costner cercò di promuovere il più possibile i propri macchinari per ottenere investimenti dalla BP. Apparve anche davanti al Congresso nel giugno del 2010 dicendo di aver investito quasi 24 milioni di dollari in quella tecnologia, grazie all’acquisto di un vecchio brevetto depositato dal Dipartimento dell’energia nei primi anni Novanta. Disse anche che il suo dispositivo sarebbe stato in grado di ripulire il 90 per cento delle acque contaminate dal disastro della petroliera Exxon Valdez in meno di una settimana.
Gli esperti criticarono le affermazioni di Costner e le prove sul campo al largo della Louisiana confermarono la scarsa efficacia del sistema. «Funzionava in alcune specifiche condizioni, ma non in altre. La mia impressione basata sui racconti di chi ha visto il macchinario è che si tratti di qualcosa di simile a molti altri separatori che sono già su mercato e che fanno la stessa cosa» spiega Kurt Hansen, uno dei ricercatori del Centro di sviluppo e ricerca della Guardia Costiera statunitense.
In molti sospettano che Costner abbia ottenuto gli investimenti da parte della BP grazie alla propria popolarità, che aiutò la società a farsi pubblicità e a migliorare la propria immagine, messa seriamente in cattiva luce dal disastro nel Golfo. «Andava in televisione. Era telegenico e c’erano enormi quantità di denaro da spendere» dice un funzionario governativo che vuole mantenere l’anonimato.
Ora che sono giunte le conferme sui milioni investiti dalla BP in una tecnologia che si è rivelata poco affidabile, in molti iniziano a chiedersi se la scelta di privilegiare i sistemi di Costner non abbia influito sulla capacità dell’azienda di risolvere il problema della pulizia delle acque del Golfo, rallentando le stesse operazioni di ripristino ambientale.
Prima di vedere le centrifughe di Costner in funzione furono necessari tre diversi tentativi. I macchinari inizialmente si intasavano o non riuscivano a separare il petrolio, lavori e modifiche portarono infine a un primo successo. E sulla base di quello, la BP decise di ordinare 32 centrifughe. Quando la falla che portava alla fuoriuscita di petrolio fu chiusa, nell’area del Golfo erano già operative 21 centrifughe, che funzionavano a singhiozzo.
Lo scorso aprile Costner è andato nuovamente in Louisiana per convincere la BP a investire altro denaro nelle sue centrifughe e in un nuovo sistema permanente da mantenere nella zona, utile per ripulire le acque nel caso di nuove perdite e gestire da subito le emergenze. Il sistema costerebbe circa 48 milioni di dollari all’anno, ma restano molti dubbi sulla sua efficacia.