La storia della guerra per Mondadori
Giovanni Pons su Repubblica racconta dall'inizio i ventidue anni di duelli industriali e giudiziari tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi
Tra i molti articoli che oggi Repubblica dedica alla sentenza della Corte d’Appello di Milano sul cosiddetto lodo Mondadori, quello di Giovanni Pons ripercorre bene la vicenda fin dal suo inizio, ventidue anni fa.
Ventidue anni di battaglie, sentenze e colpi di scena. Tanto è durata la cosiddetta “Guerra di Segrate” che ha visto i due tycoon dei media italiani, Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi, contendersi il controllo della Mondadori. La sentenza della Corte di Appello di ieri scrive una parola definitiva alla vicenda con un risarcimento a favore della Cir di 560 milioni, per compensare il danno subito per una sentenza comprata con i soldi della Fininvest e per conto di Berlusconi.
Ma ci sono voluti più di vent’anni per ribaltare gli effetti di quella sentenza del gennaio 1991, che a sua volta annullava il risultato del Lodo Mondadori di soli sei mesi prima. E chi ha vissuto quei momenti così intensi oggi li ricorda con un pizzico di nostalgia. Il passaggio cruciale avviene nel dicembre 1989 e viene dipinto dai giornali dell’epoca nella cornice del Castello Sforzesco di Milano, va in scena la prima visita in Italia di Michail Gorbaciov a un mese dal crollo del Muro di Berlino. I presenti descrivono un Carlo De Benedetti scuro in volto e un Silvio Berlusconi raggiante. Che cos’era successo di tanto eclatante? Luca Formenton e la madre Cristina Mondadori erano appena saltati sul carro del fondatore di Canale 5, con il loro pacchetto di azioni Amef decisivo per il controllo della casa editrice di Segrate. Lasciando De Benedetti solo con il suo contratto firmato un anno prima e con il quale si impegnavano a vendere le stesse azioni alla Cir. Un salto della barricata frutto di una decisione sicuramente «difficile e sofferta», come hanno ricordato i protagonisti dell’epoca due anni fa quando contestarono questa ricostruzione dei fatti definita «offensiva e odiosamente sprezzante», ma che resta decisiva poiché permise a Berlusconi di diventare primo azionista di Segrate e da quel pulpito far partire l’offensiva che lo portò a trattare da posizioni di forza la spartizione successiva.
Il cambio di cavallo dei Formenton è ancora più inspiegabile se si considera che De Benedetti era entrato nella Mondadori chiamato da Mario, marito di Cristina Mondadori e padre di Luca, quando la casa editrice entrò in fibrillazione per l’avventura rivelatasi disastrosa di Retequattro nel settore televisivo. Nel 1984 Formenton insieme a De Benedetti mette a punto un piano che prevede la vendita di Retequattro a Berlusconi che aveva già Canale 5 e Italia 1, l’arrivo al vertice di Segrate di un manager promettente come Franco Tatò e un aumento di capitale da 60 miliardi di lire. Una manovra necessaria per mettere in sicurezza una casa editrice che quell’anno chiudeva i conti con 940 miliardi di lire di ricavi, 400 miliardi di debiti e 240 miliardi di perdite. Solo l’avventura tv aveva provocato un buco da 150 miliardi e occorreva correre ai ripari. Quando nel 1985 si conclude l’aumento di capitale con la nascita della Amef, la holding che prende sotto di sé il 51% della Mondadori, Leonardo Mondadori propone l’ingresso di Berlusconi nell’azionariato ma Formenton impone che abbia una quota pari alla metà di quella riservata all’Ingegnere.