La crisi umanitaria di cui non parliamo
I dieci milioni di persone che vivono nelle regioni orientali dell'Africa stanno subendo la peggiore siccità della zona negli ultimi 60 anni
Circa dieci milioni di persone che vivono nelle regioni orientali dell’Africa stanno subendo la peggiore siccità della zona negli ultimi 60 anni. La mancanza di piogge ha fatto seccare gli ultimi raccolti provocando gravi carestie specialmente nelle regioni al confine tra Etiopia, Kenya, e Somalia, e nello stato di Gibuti: migliaia di persone stanno abbandonando queste zone in circa di cibo e acqua, provocando una crisi umanitaria difficile da arginare.
Secondo stime dell’ONU ogni giorno più di mille somali abbandonano le loro case diretti verso la capitale Mogadiscio e verso i campi profughi, specialmente in quello di Dadaab nel vicino Kenya, il più grande campo per rifugiati al mondo: costruito per ospitare 90.000 persone, al momento ne contiene almeno 380.000. Secondo gli esperti la siccità andrà peggiorando, provocando un’ulteriore diminuzione degli approvvigionamenti e prezzi sempre più alti. Il prossimo raccolto, se le piogge riprenderanno, è infatti previsto per ottobre.
Il Programma alimentare mondiale dell’ONU sta cercando di arginare la crisi fornendo scorte di cibo a sei milioni di persone nella regione e quasi sicuramente questa cifra aumenterà a breve. Per le associazioni umanitarie, lavorare nel Corno d’Africa non è sempre facile. Dal 2009 l’organizzazione terroristica Al-Shabaab, che è vicina ad Al Qaida e controlla buona parte del centro e del sud della Somalia, proibisce alle organizzazioni umanitarie di operare nelle zone sotto il suo controllo, accusandole di essere anti-islamiche. Lo scorso martedì Al-Shabaab ha deciso di togliere il bando alle organizzazioni che forniscono cibo nelle regioni più colpite da carestia e siccità.