Chi era Cy Twombly
È morto ieri a Roma il pittore americano per presentare le cui mostre scrivevano "No, vostro figlio non saprebbe farle uguali"
È morto ieri a Roma l’artista americano Cy Twombly, famoso soprattutto per le sue opere di grande dimensioni in cui usava la tecnica calligrafica dei graffiti su sfondi solidi di colore grigio, marrone o bianco (una tecnica a metà tra la pittura e l’incisione). Aveva 83 anni.
Il suo nome reale era Edwin Parker Twombly jr., era nato a Lexington (Virginia) e aveva studiato arte anche a Boston e alla Art Sudents League di New York, dove incontrò Robert Rauschenberg. Rauschenberg lo incoraggiò a frequentare i corsi del Black Mountain College, in North Carolina, dove Twombly conobbe il pittore Jasper Johns, e il compositore John Cage. Il lavoro di Cage influenzò la sua pittura.
Nel 1951 venne organizzata a New York la sua prima mostra personale, e nel 1952 una borsa di studio del Virginia Museum of Fine Arts gli permise di viaggiare in Nordafrica, Spagna, Francia e Italia.
Di ritorno dal viaggio, nel 1953 lavorò per l’esercito americano come crittologo, un’attività che lasciò traccia nella sua produzione. Il suo compito era interpretare segnali e messaggi in codici segreti. Parlando della sua arte, Twombly non la definiva simbolica: i suoi segni non erano simboli da interpretare, ma tracce dell’esperienza pittorica, semplici testimonianze del momento in cui si era trovato a tracciare le linee.
Nel 1957 si trasferì a Roma, dove sposò Tatia Franchetti, sorella del collezionista d’arte Giorgio Franchetti. Visse tra Roma e Gaeta e dall’Italia non se ne andò mai, anche quando le città di riferimento per l’arte diventarono New York e altre capitali europee.
È stato detto dei suoi primi lavori che “ricordano la stratificazione delle scritte sui muri dei bagni”. Quelle prodotte alla fine degli anni ’60, invece, assomigliano a grandi lavagne: sono grandi pannelli con sfondo grigio o scuro, su cui Twombly tracciava, in vari modi, segni simili a scritte in corsivo. Con le sue opere continuò a praticare l’astrazione pittorica in un periodo in cui l’immaginario della cultura di massa e le forme geometriche definite sembravano aver messo l’astrattismo da parte. Nonostante avesse con Robert Rauschenberg e Jasper Johns legami d’amicizia oltre che generazionali, soffriva del fatto che contrariamente al loro, il suo lavoro, privo di una grafica d’impatto, diceva molto poco nelle riproduzioni e infatti non gli garantì l’ingresso nella categoria della Pop Art, anche se per gli artisti di quella corrente Twombly fu un modello di riferimento e ispirazione.
Si allontanò poi ulteriormente dai suoi contemporanei ispirandosi al passato classico e alla mitologia (alcune delle sue opere riportano semplicemente il nome di un personaggio mitologico) e all’epica e alla letteratura in un periodo in cui quei modelli e quelle categorie erano lontanissimi dal gusto corrente.
Per questo Twombly non trovò mai davvero una nicchia d’appartenenza e fu sempre difficile da definire, e gli studi e i cataloghi del tempo che canonizzarono la linea da Pollock a Warhol come la linea principale dell’arte del dopoguerra americano, trascurarono sempre il suo nome.
Nel 1955 già un suo amico riconosceva che il problema di Twombly era la sua originalità rispetto al contesto che lo circondava.
La sua marginalità rispetto alle principali linee del novecento, e la semplicità apparente della sua pittura preoccupavano chi si occupava delle sue opere: anche se dalla fine degli anni ’80 le sue tele avevano già un valore notevole e Twombly era già un artista, il curatore della sua retrospettiva organizzata al Moma di New York nel 1994 pubblicò un saggio sulla rivista del museo che si intitolava:” No, vostro figlio non saprebbe farli uguali, e altre riflessioni su Cy Twombly”.
Negli anni successivi, però, la sua fama si è consolidata: la Cy Twombly Gallery della Menil Collection a Houston, progettata da Renzo Piano e aperta nel 1995, ospita più di trenta delle pitture, sculture e opere su carta, che datano dal 1953 al 1994. Un’ampia collezione di opere di Twombly è presente nella Pinakothek der Moderne a Monaco.
Dal 2010 un dipinto permanente di Twombly, “Ceiling”, ricopre il soffitto della Sala dei Bronzi al Louvre di Parigi; nel 2011 il Moma di New York ha comprato nove opere dell’autore per 75 milioni di dollari.
Oggi sulla Stampa il curatore e critico Francesco Bonami ne scrive:
Artista gentiluomo, con il suo portamento aristocratico, artista fanciullo per la facilità con cui creava quelli che poi, insospettabilmente, sarebbero diventati dei capolavori. Chi negli Anni 60 vedendo i primi quadri grigi (sembravano copiati dalle lavagne di scuola), sospettò che si trattasse di un grande artista e non di una bufala e comprò le tele del giovane yankee, oggi è diventato miliardario. Basti vedere le cifre alle quali vengono vendute nelle gallerie e nelle aste le opere, di qualsiasi periodo, di questo ragazzone più che prodigio prodigo di parole e spiegazioni. I lavori grigi erano fatti anche in modo abbastanza bizzarro. Twombly seduto sulle spalle di un amico disegnava e dipingeva mentre l’assistente mulo camminava avanti e indietro davanti alla tela. La casualità del gesto, concetto preso proprio dalle composizioni di John Cage, è stata alla base di tutta la sua produzione. Meno casuali i suoi titoli. A volte con riferimenti geografici, come la serie dei quadri Bolsena (il lago vulcanico vicino a Viterbo), a volte ricchi di citazioni colte come la famosa battaglia di Lepanto o il mito di Leda e il cigno. Comunque sia, colte o meno colte che fossero le citazioni, ogni opera di Twombly non aveva problemi, particolarmente dagli Anni 70 in poi a trovare un compratore. L’unico problema per il suo gallerista attuale Larry Gagosian è stato quello di farsi dare le opere da vendere (Twombly era proverbialmente avaro) e trovare i compratori giusti, altra irrinunciabile esigenza di questo artista solo apparentemente distratto e bonario. Cy Twombly è stato per la pittura un po’ quello che Truman Capote è stato per la letteratura americana, un caso, uno snob, un fenomeno. Anche se i suoi segni sulla tela erano più simili ai Fili d’erba di un altro grande scrittore americano, Walt Whitman.