Assolta la madre di Caylee Anthony
Ieri si è concluso il processo di primo grado di uno dei casi di cronaca nera più controversi e popolari degli ultimi anni, negli Stati Uniti
Stanotte, in Florida, ha trovato una prima e non definitiva conclusione giudiziaria un caso di cronaca nera che ha molto interessato l’opinione pubblica statunitense, per i suoi contorni misteriosi – tutt’ora non chiariti – e per l’intrecciato coinvolgimento di una famiglia nella sparizione e nella morte di una bambina, che si chiamava Caylee Anthony.
L’11 dicembre del 2008 la polizia della contea di Orange, in Florida, ha trovato dei resti di un cadavere in un sacchetto di plastica. Il cadavere era di un bambino e su quel che rimaneva del volto c’erano tracce di nastro adesivo. Il giorno dopo i resti sono stati identificati come appartenenti a Caylee Anthony, una bambina di quasi tre anni scomparsa sei mesi prima, nel giugno del 2008.
La sua scomparsa era stata denunciata il 15 luglio dalla nonna, Cindy Anthony. La donna aveva chiamato la polizia dicendo che la bambina era sparita da 31 giorni e che la macchina di sua figlia, Casey Anthony, madre della bambina, era stata appena ritrovata in un cortile abbandonato e “puzzava come se ci fosse stato un cadavere”. Cindy Anthony e il marito George hanno raccontato alla polizia che la figlia Casey, che allora aveva 22 anni, aveva lasciato la loro casa un mese prima, il 6 giugno, portando Caylee con sé. In quel periodo i nonni avrebbero chiesto più volte di vedere la bambina, ma Casey rispondeva sempre di essere troppo impegnata al lavoro oppure che la bambina si trovava con una tata, al parco o alla spiaggia.
Le indagini sono iniziate il 16 luglio, il giorno dopo la denuncia. Casey è stata interrogata e ha accusato la tata Zenaida Fernandez-Gonzalez di aver rapito la figlia. La polizia però ha scoperto che la donna non aveva mai incontrato Caylee o altri membri della famiglia Anthony, e che Casey aveva mentito anche a proposito del suo lavoro. Le bugie hanno fatto cadere i sospetti su di lei, madre della bambina, che è stata incarcerata e incriminata per falsa testimonianza, abbandono di minore, negligenza e ostruzione alle indagini. La donna è stata rilasciata un mese dopo su cauzione e nei mesi successivi è stata arrestata altre tre volte per piccoli furti e contraffazione.
Il 14 ottobre 2008, prima del ritrovamento del corpo della bambina, Casey Anthony è stata incriminata per omicidio colposo e maltrattamento aggravato di minore, e per aver fornito falsa testimonianza alla polizia. Le accuse di abbandono di minore e negligenza erano cadute: il tribunale considerava quasi certo che Caylee era morta, cosa che fu confermata dal ritrovamento del cadavere, a dicembre.
La donna è rimasta in carcere per più di due anni e mezzo in attesa del processo, che è iniziato il 25 maggio di quest’anno a Orlando, in Florida, con una giuria composta da sette donne e cinque uomini provenienti dalla contea di Pinella. L’accusa ha chiesto che Casey Anthony venisse condannata alla pena capitale, sostenendo che aveva ucciso la figlia con del cloroformio per sbarazzarsene e avere più tempo per divertirsi e incontrare nuovi uomini. L’accusa ha mostrato delle foto di Casey che si divertiva con gli amici in discoteca nonostante sua figlia fosse scomparsa e l’ha anche accusata di essersi fatta tatuare la frase “bella vita”.
L’avvocato di Casey, Jose Baez, ha sostenuto invece che la bambina sarebbe annegata nella piscina dei nonni e che a quel punto Casey sarebbe andata nel panico. Il nonno, che era un ex poliziotto, avrebbe aiutato sua figlia a nascondere il cadavere della nipote e avrebbe messo del nastro adesivo sulla faccia della bambina per farlo sembrare un delitto e nascondere così la vera ragione della morte. Secondo Baez il caso non era quello di una madre immatura che voleva liberarsi della figlia per darsi alla bella vita, ma quello di un incidente sfuggito di mano. L’avvocato ha inoltre giustificato le ripetute menzogne della sua cliente dicendo che il padre e il fratello avevano abusato di lei quand’era piccola, provocandole un’attitudine a mentire. Non avendo però portato nessuna prova dell’abuso, la difesa non ha più potuto menzionarlo nelle sedute successive. L’accusa ha risposto che non c’era alcuna prova che George Anthony, il nonno, avesse cercato di coprire l’eventuale incidente e ha giudicato assurdo che qualcuno volesse far passare un incidente per un crimine più grave. E sempre il nonno, pur non accusando la figlia di omicidio, nega che la bambina sia annegata, nega di aver collaborato all’occultamento del cadavere e nega di avere abusato di sua figlia quando questa era piccola.
Il processo di primo grado si è concluso ieri e la giuria ha giudicato Casey Anthony non colpevole di aver ucciso volontariamente o accidentalmente la figlia. Ha ritenuto che non ci fossero abbastanza prove per sostenere che Casey Anthony fosse una cattiva madre che trascurava sua figlia. E ha giudicato lo stato di decomposizione del cadavere di Caylee troppo avanzato per stabilire la data e la causa della sua morte. Non c’era nessuna prova evidente che Casey avesse ucciso la figlia, non c’erano testimoni, e nella macchina di Casey non è stata trovata traccia di cloroformio o dei resti del cadavere della figlia. Casey è stata ritenuta colpevole di aver fornito false informazioni a un agente di polizia e per questo potrebbe venire condannata a quattro anni di carcere. La pena sarà resa nota il 7 luglio.
Negli Stati Uniti il processo è stato un caso mediatico: è stato raccontato e commentato su Twitter in tempo reale, è stato trasmesso in tv e gli sono state dedicate numerose puntate di trasmissioni e talk show. Ieri Cheney Mason, uno degli avvocati della difesa, ha criticato duramente la condanna mediatica che Casey Anthony ha subìto dopo l’arresto, e se l’è presa anche con i numerosi avvocati che hanno preso parte ai talk show giudicando la sua cliente colpevole prima che il processo fosse finito: “Sono disgustato da alcuni di questi avvocati. Posso dire che anche molti miei colleghi hanno condannato questa cosa di andare in tv e parlare di casi di cui non si sa assolutamente nulla”.
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