In Val di Susa i violenti erano invitati
Marco Imarisio riflette sulle ambiguità all'interno del movimento No TAV, che tollera i metodi dell'area anarco insurrezionalista
Marco Imarisio spiega sul Corriere della Sera come si è arrivati agli scontri di ieri in Val di Susa, ricordando che i violenti non erano semplici infiltrati, ma «invitati, chiamati a gran voce dalle realtà antagoniste» della zona di Torino, da sempre molto attive sul fronte dei No Tav.
Le bombe di ammoniaca non servono a riconquistare il cantiere presidiato dagli «invasori». Sono una dichiarazione di intenti, piuttosto. Servono solo a sfregiare e deturpare i volti degli odiati poliziotti. Alla maggioranza dei manifestanti, pietoso eufemismo definirli così, che hanno fatto una vergognosa caccia all’uomo in divisa, dell’Alta velocità in Val Susa non importa nulla. È tutta gente che ha risposto presente all’appello. È sbagliato parlare di infiltrazioni dei black bloc. Ieri c’erano semmai degli invitati, chiamati a gran voce dalle realtà antagoniste di Torino che costituiscono da sempre la spina dorsale del movimento No Tav.
I centri sociali più radicali, negli anni, sono diventati una sorta di bastone al quale si appoggia la comunità locale. E i cani sciolti dell’area anarco insurrezionalista, o Black bloc che dir si voglia, hanno su questa lotta una sorta di primogenitura che deriva dalla vicenda di due loro compagni, arrestati nel 1998 a Torino per un attentato ai tralicci sul futuro percorso della Torino-Lione, e morti suicidi in carcere. La saldatura tra soggetti sociali molto diversi tra loro ha sempre fatto del movimento No Tav una realtà da maneggiare con cura. In questa lunga settimana tra la caduta dell’autoproclamata Repubblica della Maddalena e il tentativo di riprenderla con una violenza al calor bianco, l’ambiguità che intercorre tra la finta carota dei leader locali e il bastone degli antagonisti è emersa con nettezza. A cercare lo scontro non c’erano indigeni, ma solo gli ingestibili matti giunti fin lassù seguendo il rullo di tamburi lanciato via Internet, per dare sfogo a una rabbia greca, figlia dell’odio e della frustrazione.
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