Come mai l’accusa contro DSK sembrava così solida
Il New York Times si domanda se il caso non sia stato costruito troppo precipitosamente (ma c'era un aereo pronto al decollo)
“Una cameriera d’albergo il cui racconto di avere subito violenza era così convincente da commuovere dei navigati investigatori. Indizi scientifici preliminari e testimonianze che non sollevano dubbi sulla sua storia. E un accusato, Dominique Strauss-Kahn, con un biglietto su un volo per la Francia e che stava per imbarcarsi all’aeroporto Kennedy”
Questo era il quadro che avevano di fronte i detective del Dipartimento di polizia di New York il 14 maggio scorso, spiega oggi il New York Times cercando di capire come un’indagine che sembrava solidissima si sia sgretolata nel giro di qualche settimana, con il crollo della credibilità dell’accusatrice dell’ex capo del Fondo Monetario Internazionale. La necessità di agire rapidamente sembra essere stato un fattore centrale, dice una fonte della polizia.
«Stava salendo su un aereo e abbandonando il paese, e allora lo hanno preso prima che potevano: sarebbe stato un fallimento se lo avessero lasciato andare. Probabilmente in un mondo perfetto non avrebbero dovuto arrestarlo subito: prima verificare le prove e controllare tutto. Ma immagino abbiano pensato che dovevano impedirgli di salire su quell’aereo, e questo ha piuttosto cambiato le cose»
Adesso che il caso si è drammaticamente indebolito, affiorano diverse critiche a come è stato gestito (e il procuratore distrettuale Vance – figlio del famoso ex segretario di Stato Cyrus Vance – rischia di veder compromessa la sua carriera, raccontava un articolo di ieri sempre sul New York Times). Uno degli avvocati della cameriera aveva contestato che Strauss-Kahn non fosse stato interrogato subito, invece di restare in custodia per molte ore prima che qualcuno gli chiedesse la sua versione dei fatti: «Bisognava ottenere una sua dichiarazione, è quello che si fa in questi casi. Invece lo hanno tenuto per cinque ore senza che nessuno avesse il fegato di chiedergli cosa era successo». E i verbali riportano che Strauss-Kahn abbia dichiarato di essere stato disponibile a parlare prima che il suo avvocato gli dicesse di non farlo: se gli avessero chiesto del rapporto sessuale e lui lo avesse negato, per i suoi avvocati sarebbe stato più difficile sostenere la versione dell’atto consenziente. Ma il parere di un ex procuratore ascoltato dal New York Times è che invece non si debbano fare domande all’accusato prima di conoscere delle risposte, e che maggiori informazioni andassero raccolte: «Bisogna prima prendere la mira». Altri hanno chiesto perché gli inquirenti abbiano insistito tanto per tenerlo agli arresti, invece di condurre indagini più accurate e ottenere un rinvio a giudizio: una risposta data da alcune fonti è che la testimonianza della cameriera sembrava molto credibile anche ai più esperti investigatori che l’avevano ascoltata. Ma secondo Eugene J. O’Donnell, un professore del John Jay College of Criminal Justice di Manhattan, il caso mostra invece l’approccio tipico della giustizia americana “prima punisci, e poi scopri cos’è successo”.